7 set 2010

Punire i delinquenti fa bene all'integrazione

 

Ora, per colpa di scelte del passato un po' azzardate si vuole limitare la libertà di movimento, fatto certamente ingiusto in se stesso.

Con questo non voglio fare del buonismo facilone e demenziale, anzi sono certo che sia colpa del buonismo che siamo arrivati a tanto: se ci fossero state delle leggi coraggiose, una struttura giudiziaria capace di punire i delinquenti in modo chiaro e inequivocabile non saremmo arrivati a confondere i bambini rom con i vecchi ladri professionisti, i topi di appartamento, i ricettatori con i ragazzini costretti ad andare a rubare con minacce e botte.

I ladri, i papponi, i caporali che sfruttano la loro gente, i mascalzoni di ogni etnia meritano il carcere, anzi devono andare in carcere senza attenuanti, mentre gli sfruttati, i maltrattati devono essere rispettati, anche ospitati: quantomeno il lavoro e le energie da spendere per l'integrazione devono essere consumati per loro.

Ora si vuole limitare la libertà di transito a chi non può mantenersi, ma ci si scorda che la povertà non è una colpa, ma e una malattia da curare: sì, è una patologia spesso legata a modi di vivere antiquati, a una scarsa programmazione dell'esistenza, a una scarsa specializzazione lavorativa, a una bassa cultura.

Il lavoro per l'integrazione deve essere affiancato all'educazione dei principi democratici, alla libertà individuale, al rispetto e alla libertà delle donne: senza tutto questo si torna al passato.

In apparenza scacciare chi vive ai margini della società, che non hanno un lavoro, un qualsiasi reddito è giusto: non possiamo certamente ospitare tutti i miseri della terra, che sono almeno 3, o 4 miliardi di persone.