12 set 2012

fantasmi storie ...... L'ALBERGO DI CORALE BASSO










L'ALBERGO DI CORALE BASSO

Un vecchio valligiano stava falciando l'erba del dosso, sovrastante i caseggiati decrepiti di Corale Basso e un villeggiante, che stava passeggiando spensierato, si fermò per scambiare quattro parole con lui.
Senza badare al silenzio indifferente del vecchio parlò e sparlò di varie persone e di fatti altrui, vantando esperienza, titoli e meriti inerenti la sua professione.
Per dimostrarsi esperto anche nell'arte di coltivare consigliò il montanaro con un suo metodo, di migliorare i pascoli e di incrementare il bestiame: -Nel tuo prato l'erba è poca e arida, avresti dovuto concimare meglio!-
Il vecchio sostò, appoggiandosi al manico della falce: si tolse il cappello e si asciugò il sudore.
Alto e magro, logorato dal faticoso e incessante lavoro, indossava l'abito scuro degli anziani, fedele anche sotto il sole di luglio alla tradizione.
Lentamente si avvicinò al forestiero e pazientemente gli spiegò che la floridezza dei prati non dipendeva soltanto dal terreno grasso, dalle piogge, o dal bel tempo.
-Su questo dosso molti anni fa esisteva un albergo con numerose
camere, frequentate dagli sfaticati dell'alta valle Brembana.
Comitive di giovani scapestrati, al tramonto, raggiungevano il grande edificio e gozzovigliavano sino all'alba.
Gli allegri schiamazzi erano uditi in tutte le frazioni di Santa Brigida e le persone oneste pregavano il Signore che allontanasse simili cattivi esempi dalla gioventù.
I borbottii di sdegno divennero ben presto arrabbiate proteste e dal pulpito il parroco scagliò anatemi agli sciagurati: -Non c'è speranza di salvezza per chi si concede ai sette vizi capitali. Quegli stolti si stanno spalancando la porta dell'inferno!-
Ai paesani non importava che presto o tardi quella teppa avesse il giusto castigo; a loro bastava che ritornasse un po' di pace e di moralità.
Purtroppo alcuni giovani del paese erano già stati traviati dall'esempio di quegli scapestrati; i loro padri avevano tentato con ogni mezzo di riportarli sulla retta via, ma il tenero alberello piegato dal vento è destinato a crescere curvo.
Il parroco aveva raccolto l'intero paese per una processione, con i paramenti più preziosi e con la statua della Madonna Addolorata.
I fedeli, innalzando al Signore le loro accorate preghiere, giunsero sino alla porta del locale diffamato, gli ospiti del quale avevano sbarrato le entrate: nonostante la loro tracotanza erano in realtà dei codardi.
Nascosti dietro le persiane socchiuse, guardavano quella ordinata serpentina di folla salire sino a loro: deridevano con frasi
sboccate quella brava gente e progettavano furti a danno della chiesa.
Il parroco alzò lo sguardo e li ammonì ancora una volta, richiamandoli ai loro doveri di padri, o di figli: fu tutto inutile, perché la loro coscienza si era troppo intorpidita per provare rimorso.
Con l'autunno le rondini migrarono, la prima neve cadde sulle cime e le greggi discesero al piano.
Il vento del Nord portava il primo freddo e i camini sbuffavano incerti.
Solo la gentaglia dell'albergo non se ne andava, ben radicata come la gramigna: nessuna iniziativa riusciva a farla desistere dai festini e dalle ruberie.
L'albergo pareva dominare la valle come un castellaccio, i cui frequentatori erano signorotti.
I carri colmi di provviste per l'inverno arrivavano tutti i giorni e tanta abbondanza offendeva la fame dei più poveri.
Tutta quella ricchezza, frutto di affari disonesti, fece finalmente perdere la pazienza al Buon Dio, che abbandonò al suo eterno nemico il destino dell'albergo.
Un uragano violento si accanì improvvisamente contro l'albergo, mentre tutto intorno non si muoveva una foglia.
Tutti gli infissi erano ben chiusi, ma un insolito gelo penetrava nei locali, nonostante che continuassero ad alimentare le stufe.
Ripetute misteriose vibrazioni scossero i muri, ma nessuno si preoccupò; l'euforia della solita baldoria serale non ebbe limite: le grida e le risate degli ubriachi coprirono i canti sconci e stonati.
La degradazione umana toccava il fondo e nessuno badò alla minaccia incombente.
Un acuto odore di zolfo salì dal pavimento, appestando l'aria.
Il baccano cessò e una malvagia risata li sgomentò: qualcuno comprese la volontà del Maligno e tentò la fuga, altri supplicarono il Signore invano, ma era ormai troppo tardi.
Si aprì sotto di loro una enorme bocca infuocata: quegli sventurati furono immediatamente avvolti dalle fiamme, avvinghiati da qualche feroce diavolo, che ficcava le unghie nella loro carne con rabbia perversa.
In pochi istanti era rimasto solo qualche trave fumante e il terreno annerito, dove, con gli anni, l'erba aveva ricominciato a crescere, ma rara e selvatica.
Dopo il tramonto più nessuno si avvicinava a questo luogo: pianti
e urla di dolore terrorizzavano i passanti.
Scene infernali apparivano e svanivano, confondendosi tra fumi violacei!-

Il valligiano ritenne inutile qualsiasi commento e riprese a falciare.
Il loquace forestiero non osò ribattere e si allontanò impensierito e forse spaventato.

Racconto di Arduino Rossi