L'ALBERGO
DI CORALE BASSO
Un
vecchio valligiano stava falciando l'erba del dosso, sovrastante i
caseggiati decrepiti di Corale Basso e un villeggiante, che stava
passeggiando spensierato, si fermò per scambiare quattro parole con
lui.
Senza
badare al silenzio indifferente del vecchio parlò e sparlò di varie
persone e di fatti altrui, vantando esperienza, titoli e meriti
inerenti la sua professione.
Per
dimostrarsi esperto anche nell'arte di coltivare consigliò il
montanaro con un suo metodo, di migliorare i pascoli e di
incrementare il bestiame: -Nel tuo prato l'erba è poca e arida,
avresti dovuto concimare meglio!-
Il
vecchio sostò, appoggiandosi al manico della falce: si tolse il
cappello e si asciugò il sudore.
Alto
e magro, logorato dal faticoso e incessante lavoro, indossava l'abito
scuro degli anziani, fedele anche sotto il sole di luglio alla
tradizione.
Lentamente
si avvicinò al forestiero e pazientemente gli spiegò che la
floridezza dei prati non dipendeva soltanto dal terreno grasso, dalle
piogge, o dal bel tempo.
-Su
questo dosso molti anni fa esisteva un albergo con numerose
camere,
frequentate dagli sfaticati dell'alta valle Brembana.
Comitive
di giovani scapestrati, al tramonto, raggiungevano il grande edificio
e gozzovigliavano sino all'alba.
Gli
allegri schiamazzi erano uditi in tutte le frazioni di Santa Brigida
e le persone oneste pregavano il Signore che allontanasse simili
cattivi esempi dalla gioventù.
I
borbottii di sdegno divennero ben presto arrabbiate proteste e dal
pulpito il parroco scagliò anatemi agli sciagurati: -Non c'è
speranza di salvezza per chi si concede ai sette vizi capitali.
Quegli stolti si stanno spalancando la porta dell'inferno!-
Ai
paesani non importava che presto o tardi quella teppa avesse il
giusto castigo; a loro bastava che ritornasse un po' di pace e di
moralità.
Purtroppo
alcuni giovani del paese erano già stati traviati dall'esempio di
quegli scapestrati; i loro padri avevano tentato con ogni mezzo di
riportarli sulla retta via, ma il tenero alberello piegato dal vento
è destinato a crescere curvo.
Il
parroco aveva raccolto l'intero paese per una processione, con i
paramenti più preziosi e con la statua della Madonna Addolorata.
I
fedeli, innalzando al Signore le loro accorate preghiere, giunsero
sino alla porta del locale diffamato, gli ospiti del quale avevano
sbarrato le entrate: nonostante la loro tracotanza erano in realtà
dei codardi.
Nascosti
dietro le persiane socchiuse, guardavano quella ordinata serpentina
di folla salire sino a loro: deridevano con frasi
sboccate
quella brava gente e progettavano furti a danno della chiesa.
Il
parroco alzò lo sguardo e li ammonì ancora una volta, richiamandoli
ai loro doveri di padri, o di figli: fu tutto inutile, perché la
loro coscienza si era troppo intorpidita per provare rimorso.
Con
l'autunno le rondini migrarono, la prima neve cadde sulle cime e le
greggi discesero al piano.
Il
vento del Nord portava il primo freddo e i camini sbuffavano incerti.
Solo
la gentaglia dell'albergo non se ne andava, ben radicata come la
gramigna: nessuna iniziativa riusciva a farla desistere dai festini e
dalle ruberie.
L'albergo
pareva dominare la valle come un castellaccio, i cui frequentatori
erano signorotti.
I
carri colmi di provviste per l'inverno arrivavano tutti i giorni e
tanta abbondanza offendeva la fame dei più poveri.
Tutta
quella ricchezza, frutto di affari disonesti, fece finalmente perdere
la pazienza al Buon Dio, che abbandonò al suo eterno nemico il
destino dell'albergo.
Un
uragano violento si accanì improvvisamente contro l'albergo, mentre
tutto intorno non si muoveva una foglia.
Tutti
gli infissi erano ben chiusi, ma un insolito gelo penetrava nei
locali, nonostante che continuassero ad alimentare le stufe.
Ripetute
misteriose vibrazioni scossero i muri, ma nessuno si preoccupò;
l'euforia della solita baldoria serale non ebbe limite: le grida e le
risate degli ubriachi coprirono i canti sconci e stonati.
La
degradazione umana toccava il fondo e nessuno badò alla minaccia
incombente.
Un
acuto odore di zolfo salì dal pavimento, appestando l'aria.
Il
baccano cessò e una malvagia risata li sgomentò: qualcuno comprese
la volontà del Maligno e tentò la fuga, altri supplicarono il
Signore invano, ma era ormai troppo tardi.
Si
aprì sotto di loro una enorme bocca infuocata: quegli sventurati
furono immediatamente avvolti dalle fiamme, avvinghiati da qualche
feroce diavolo, che ficcava le unghie nella loro carne con rabbia
perversa.
In
pochi istanti era rimasto solo qualche trave fumante e il terreno
annerito, dove, con gli anni, l'erba aveva ricominciato a crescere,
ma rara e selvatica.
Dopo
il tramonto più nessuno si avvicinava a questo luogo: pianti
e
urla di dolore terrorizzavano i passanti.
Scene
infernali apparivano e svanivano, confondendosi tra fumi violacei!-
Il
valligiano ritenne inutile qualsiasi commento e riprese a falciare.
Il
loquace forestiero non osò ribattere e si allontanò impensierito e
forse spaventato.
Racconto di Arduino Rossi
Racconto di Arduino Rossi