IL
TORRENTE DELLA RAGAZZA
La
ragazza saliva lungo la strada, poco più che una mulattiera, verso
il colle Sfanino per andare a Cene.
Era
una bella giornata di sole, di quelle di fine inverno: le prime
primule sbucavano.
Lei
non sentiva l'umidità della boscaglia che la circondava, camminava
con buon passo.
Sua
madre le aveva detto di stare attenta ai farabutti, agli sbandati dei
boschi: in quel tempo c'era chi preferiva, a una vita di fatiche,
stenti e lavoro, la più semplice esistenza del brigante, anche solo
per brevi periodi, approfittando della macchia fitta e dell'omertà
dei vicini.
Un
gruppo di questi balordi, forse cinque, avevano già notato Gilda:
ogni giorno saliva con passo sicuro da Albino sino a Cene, con il suo
carico di povere cose, da portare al mercato.
Era
una ragazza robusta, non molto alta, dai capelli castani, raccolti
con una reticella sulla nuca.
I
lineamenti erano un po' mascolini e il viso era quadrato con la
mandibola larga.
Le
mani erano spesse e callose, da contadina, gli occhi erano chiari e
lo sguardo era deciso, sempre in avanti, di chi sa quello che vuole.
I
cinque individui erano certi di avere la meglio sulla loro vittima e
se la presero comoda: la videro passare e sogghignarono, poi la
rincorsero e si posero accanto.
Le
chiesero: -Dove vai, Bella?-
-Che
vi importa! Lasciatemi in pace!-
Quelli
non mollarono e la importunarono con sempre più spavalderia; Gilda
intuì le loro intenzioni, ma non volle darsi persa: accelerò il
passo sino a correre.
Loro
la seguirono senza fatica, giocando come il gatto con il topo: -Non
hai scampo! Non ti conviene farci arrabbiare, arrenditi! Sarà meglio
per te!-
Lei
aveva il fiatone: -Fossi matta! Andate all'inferno!-
Quelli
persero la pazienza e da ironici divennero furiosi: ormai non
celavano più le loro losche intenzioni.
Gilda
cercò di salvare almeno la vita: lasciò cadere la borsa con la
mercanzia, per guadagnare fiato e qualche metro.
Fu
un vano espediente: alle sue spalle intravvedeva, con la coda
dell'occhio, il luccicare di lame di coltelli.
Si
rese conto di essere sul ponte che sovrastava un torrente quasi
asciutto.
Senza
pensarci due volte si pose sul muretto e urlò: -Lasciatemi in pace o
mi butto!-
I
mascalzoni si arrestarono, tentando di avvicinarsi per agguantarla,
non sapevano cosa farne di una morta: -Calmati! Che idea ti sei
fatta? Scherzavamo!-
Intanto
i farabutti si stavano accostando con le braccia aperte, cercando di
distrarla per bloccarla alle spalle.
Gilda
era scaltra e poco prima che le fossero addosso, con un atto tanto
repentino quanto disperato si buttò.
Quelli
la videro precipitare nella scarpata e finire tra gli arbusti, poi
terminare, immobile, tra le rocce del torrente.
Ritennero
inutile scendere per recuperare la loro vittima, ormai considerata
morta e se ne andarono.
Appena
furono lontani, la ragazza si riprese e con sua grande sorpresa non
trovò un solo graffio, un livido sul suo corpo: era stata benedetta
dalla provvidenza, che ella aveva chiamato in suo soccorso prima di
lanciarsi nel vuoto.
Si
rialzò e tornò velocemente in paese.
A
casa raccontò la vicenda ai parenti e ben presto la voce si sparse:
dopo la Santa Messa domenicale fu costretto a raccontare la sua
avventura decine di volte.
Lo
stupore dei presenti fu presto "farcito" da dubbi: Gilda
era una giovane orgogliosa e non poteva sopportare che qualcuno non
credesse alla sua parola: -Andremo sul ponte e mi getterò ancora!-
Tutti
tacquero tranne la solita malalingua: -Se sei stata benedetta da Dio
una volta, significa che sei la sua prediletta e non mancherà di
aiutarti nuovamente!-
Gilda
non ebbe il coraggio di contraddire la maligna, che era stata pure
blasfema, richiedendo l'impegno del Cielo per una sciocca
dimostrazione.
Fu
quasi sospinta dai curiosi, una vera folla e si ritrovò sul ponte
con il suo maledetto orgoglio che la spronava, senza neppure avere
chiaro in mente quello che stava facendo.
Riprovò
il salto, ma questa volta non giunse la provvidenza in suo aiuto: non
si rialzò più dai sassi coperti dal muschio del torrente secco,
spandendo il suo sangue di ragazza cocciuta e onesta.
Racconto di Arduino Rossi
Racconto di Arduino Rossi