IL POSTINO
Era da mesi che il postino giungeva in ritardo: parecchia corrispondenza era fuori tempo di settimane, se non di mesi.
Non ne potevo più, ma come al solito le mie proteste, verbali o scritte che fossero, finivano nell’ammasso maledetto della burocrazia.
Il mio lavoro di consulente per clienti stranieri andava di male in peggio: ero il referente commerciale di alcune aziende che importavano ed esportavano pezzi meccanici, macchine utensili.
Rischiavo di finire sul lastrico, senza la possibilità di trovare un altro lavoro: ero troppo giovane per la pensione e troppo vecchio per ricominciare da capo.
L’ultimo mio cliente straniero mi dette il ben servito, consigliandomi di cambiare zona o anche città, per trovare un servizio postale più efficiente.
Ero disperato, non tanto per motivi economici, avevo un bel gruzzolo in banca, che mi sarebbe bastato per gli anni che mi mancavano al raggiungimento della pensione.
Il lavoro per me era stato tutto sino ad allora: avevo rinunciato al tempo libero, alle donne, a una famiglia, si può dire avevo scordato tutto per la mia professione.
Ora avevo tutto il tempo che potevo desiderare e non sapevo cosa fare.
Meditai vendetta e mi convinsi che il colpevole fosse il portalettere: un ometto sempre allegro, sempre sorridente: mi pareva, nella mia fantasia, un topo ghignante.
Ero certo, si era preso gioco di me, nonostante le mance, le preghiere, le minacce, mi portava sempre la posta in ritardo per farmi dispetto.
Mi derideva, con quella falsa riverenza, che mi disturbava: - Dottore! Non riceve più la corrispondenza di un tempo. Cosa è capitato? Non lavora più?-
Lo odiavo sempre più e lo avrei strozzato subito, se non avessi imparato da tempo a mantenere la calma e che la vendetta si gusta fredda.
Non lo vidi per un po’ di tempo, mi rinchiusi in casa a meditare cosa fare: l’alcool mi dette il coraggio e iniziai a pedinarlo.
Sicuramente si accorse del mio goffo modo di seguirlo, ma non protestò, convinto che ormai fossi impazzito.
Seppi tutto di lui, degli amici che frequentava, delle strade che percorreva, dei bar in cui entrava a bere.
Era solo un misero personaggio, piccolo piccolo, con una famigliola , meschina anche quella: era un padre affettuoso di due figli maschi che avevano un’unica ambizione, quella di diventare campioni di calcio.
La moglie, scialba e bruttina, puliva le scale dei condomini, Lui invece aveva qualche lavoretto in nero.
Mi immaginavo che con i suoi figli e con quella misera donnina si divertissero alle mie spalle: sognavo a occhi aperti risate a crepapelle nei miei confronti.
Giunse finalmente un gennaio gelido e nebbioso: le strade mattutine erano deserte e lo attesi vicino alla roggia, che scorreva impetuosa.
Lo colpii alle spalle e veloce lo gettai nell’acqua: non urlò e ci fu solo il tonfo sordo della caduta del corpo.
Me ne andai, certo della sua morte: attesi il quotidiano del giorno successivo, ma non c’era nulla di nuovo, nessuna notizia a riguardo della sparizione del postino.
Ero soddisfatto, senza rimorsi.
La mattina successiva non badai alla cassetta della posta e chi distribuisse la corrispondenza, ma per strada me lo trovai di fronte: -Buon giorno Dottore!-
Balbettai anch’io: -Salve!-
Me ne andai stupito e confuso: avevo assassinato un poveraccio che non aveva nulla a che vedere con il mio maledetto nemico, forse era il sostituto.
Che idiota ero stato, ma ormai non potevo più far nulla.
Non volevo farmi scoprire, ma dovevo capire chi avessi ucciso.
Il terzo giorno lo fermai quasi bruscamente: -Chi era a sostituirla all’inizio della settimana!-
-Che cosa vuole Dottore? Nessuno mi ha sostituito in questi giorni.-
Mi sorrise con la solita maligna aria canzonatoria: pareva volermi dire, ci siamo capiti, hai qualcosa da nascondere.
Sul giornale non c’era mai nulla, poi finalmente ci fu il laconico comunicato di poche righe del ritrovamento nella roggia, alla chiusa di fondo valle, dei resti di un uomo, forse un vagabondo, forse un suicida.
Non si parlava di altro, mi convinsi di aver colpito un poveraccio che si era messo accanto alla borsa del postino, forse per rubacchiare qualcosa o per curiosare.
Ero dispiaciuto per lui, ma il mio peggior nemico doveva pagarla: lo attesi ancora nella nebbia e tentai di colpirlo alle spalle, ma lui si voltò e mi sorrise:- Dottore! Cosa sta facendo? Mi voleva forse far del male?-
Era serio e rabbioso, io indietreggiai quasi spaventato, poi gli urlai il mio odio, lo maledissi e lui ridacchiò appena: - Per questo mi ha assassinato? Solo per questo?-
Non capii subito il senso della frase, poi pensai che fosse un folle.
Lui mi prese con una forza inaudita i polsi, inaspettata in un ometto di quella dimensione:- Vieni con me!-
Mi Trascinò verso la roggia, ma gli opposi tutta la mia volontà, poi mi accorsi dei suoi abiti bagnati, del viso esangue e le labbra viola, dei suoi occhi bianchi.
Mi accorsi che nessuno c’era attorno a noi, nonostante l’ora di punta per i pendolari: il tempo si era fermato e io ero già uno dei morti.
Mi lasciai condurre al mio giusto destino, in fondo all’acqua maleodorante e fredda, -E’ stato riconosciuto il corpo ritrovato giovedì: si tratta del postino Andrea Santi, mentre un nuovo cadavere è stato ripescato oggi, ma le generalità sono ancora sconosciute.-
Arduino Rossi