IL CONVENTO
Si camminava stanchi lungo la strada che conduce al convento: una costruzione quadrata e severa in cima al colle.
Era una tranquilla passeggiata tra amici in quell’ottobre ancora tiepido.
Il bosco perdeva le sue foglie e si proseguiva su un tappeto morbido.
Eravamo in tre amici, un po’ incoscienti, scherzosi e pieni d’entusiasmo.
Si rideva e si scherzava su tutto, ma in particolare dei nostri amori acerbi, delle ragazze da noi desiderate e irraggiungibili.
Quella era una gita pomeridiana, avevamo con noi qualche panino e alcune bibite per restare al convento sino a tardi.
Volevamo vedere le stelle in quel luogo solitario, senza le luci della città: avevamo con noi un cannocchiale e la mappa celeste.
Si parlava tanto dei nostri progetti: Pietro voleva fare il medico, Alfredo il professore e io il biologo, ricercatore scientifico.
Eravamo tutti razionali, realisti e non superstiziosi: ci avevano parlato del monaco delle rovine del convento, ma noi eravamo certi che fossero pure idiozie.
Vedemmo il sole spegnersi dietro le colline e bruciare il cielo con il rosso infuocato dei suoi raggi,
che avvolgono le brune montagne.
Ci sedemmo in cerchio e accendemmo un fuoco.
Non so chi incominciò, forse Alfredo: - Se il monaco del diavolo esistesse realmente, cosa faremmo?-
Pietro sorrise: -Ascoltarmi! Io amo la scienza, la ragione e ciò che si può misurare, toccare, tastare.-
Io invece li volli spaventare un po’: -Lo conoscete tutti mio padre! E’ un uomo sensato, credibile eppure mi confidò che questo frate spettrale pure Lui l’ha visto.-
Alfredo era un po’ intimorito: -Quando?-
-Da giovane! Circa alla nostra età!-
Pietro sogghignò, ma non commentò.
La notte era scesa e il cielo splendeva sopra di noi e incominciammo a scrutare le stelle: cercammo soprattutto Giove e Venere, ma il rosso Marte era il più ambito.
Le rovine del convento parevano adagiate tra cielo e terra.
Tutto dormiva oltre le pietre pericolanti delle massicce mura: la chiesa dal tetto crollato, i chiostri avvolti dall’edera e dal biancospino.
Si udivano dei fruscii leggeri, quasi impercettibili.
Dissi con falso timore: -Ascoltate! Questo è lo spettro!-
Scoppiò una risata sincera, un po’ esagerata.
Pietro volle togliere ogni alone di mistero: -Sarà un cane randagio o una volpe.-
Quei rumori crebbero, ma non ci badammo più.
Era quasi mezzanotte e dovevamo rientrare, ma Alfredo propose una possibilità: - Che ne dite di visitare il convento!-
Pietro intervenne: -Tu sei pazzo! A quest’ora potrebbe essere pericoloso!-
Io dissi: -Perché no! Abbiamo le nostre torce elettriche: sarà molto interessante, sarà una vera avventura!-
Ci muovemmo con cautela per non inciampare tra le pietre cadute.
Si udivano ogni tanto dei fruscii e dei sibili, poi alcuni bagliori si notarono nei chiostri.
Pietro scoprì una scala che scendeva nella cripta, ma lo sconsigliai: -E’ tutto pericolante! Non arrischiamoci!
Alfredo sbuffò: -E’ troppo bello! Forse lì sotto c’è il nostro monaco che ci aspetta!-
Pietro rispose trattenendo a malapena l’euforia: -Affermano che prevede il futuro, vita e morte!-
La scala di pietra era malmessa, stretta e umida, c’era odore di muffa.
La cripta era ancora integra, con le colonne larghe e basse, i sepolcri di granito ben conservate.
Dissi: -Siete contenti! Non c’è nessuno!-
Alfredo commentò: -Chi volevi trovare?-
Pietro rimase muto, poi esclamò, più sorpreso che terrorizzato: -Eccolo! E’ Lui! Guardatelo!-
Dissi: -Che dici? Sei impazzito?-
Era proprio Lui, il monaco, con il suo cappuccio nero e il volto scuro, scheletrico, con gli occhi rossi come il fuoco.
Era presso l’altare di pietra, stava con le braccia alzate e lanciava suoni lancinanti, non umani.
Non ci allontanammo, ma restammo lì, a fissare quello che per le nostre menti moderne e imbevute di verità scientifiche, non doveva esistere.
Il frate del diavolo parlò: -I vostri destini sono segnati: Alfredo!… morirai con Pietro prima della fine dell’anno e tu sarai il mio testimone. Racconterai ciò che stai vedendo. Rimarrai paralizzato alle gambe e non sarai mai ciò che ambisci. Vivrai da povero storpio, sino alla vecchiaia.-
Alfredo e Pietro morirono in un incidente d’auto e io mi ruppi la spina dorsale.
Arduino Rossi