10 set 2012

di paura vere storie ......SUL FIUME






SUL FIUME

C'erano profonde valli, poi prati boschi, la palude avvolgeva le terre basse, le più fertili se bonificate e coltivate.
La nebbia si alzava dal fiume largo e terroso, maestoso.
Lungo le sue rive si erano formati anfratti, grotte e proprio lì era facile nascondersi ai cacciatori di schiavi.
Fuggii dal mio padrone perché il mio istinto di uomo libero era più forte dell'educazione da servo che avevo ricevuto.
Il vento della pianura con le sue praterie, con i cavalli selvaggi, mi avevano convinto che mi conveniva lottare per non avere catene.
Vivevo nelle grotte degli spiriti, così le chiamava la gente della zona: pescatori, cacciatori, traghettatori.
In quella cavità c'erano le ossa di una popolazione ormai estinta, guerrieri giganteschi con elmi, spade e corazze.
Nessuno osava sottrarre ai legittimi proprietari le armi, il corredo funerario: si narrava che la maledizione dei morti sarebbe caduta sul sacrilego.
Io ero indifferente, incredulo: non temevo né spettri, né demoni, né gli dei.
Ero stanco di obbedire, di sottostare a leggi, regole per timore.
Raccolsi le armi, ormai arrugginite e le forgiai: ero un ottimo fabbro.
Ottenni nuove armi per la mia difesa, per il mercato, per i viandanti.
Ben presto mi arricchii e potei riscattare la mia condizione da schiavo.
Mi feci costruire una casa sulla riva, dove transitavano i mercanti e feci ottimi affari: acquistai degli schiavi e divenni un ricco liberto, uno dei più potenti della regione.
Mi trovai una moglie giovane e alcune serve molto belle.
Avevo tutto ciò che un uomo possa desiderare: ero temuto, invidiato, rispettato.
Forse non avevo ottenuto quella libertà da guerriero, che tanto avevo agognato da ragazzino.
Ero solo un mercante, un artigiano con molto oro nella mia cassa a doppio fondo.
La vecchiaia avanzava, i figli erano cresciuti e se ne erano andati lontano, nella capitale.
Il metallo delle tombe era terminato e la mia officina era silenziosa da tempo.
Mia moglie e i miei schiavi abitavano in una nuova casa in collina, in un luogo più salubre.
Da tempo i commerci lungo le sponde del fiume languivano: prima le pestilenze, poi i briganti, avevano reso la zona impura.
Possedevo ancora molto oro e pietre preziose in abbondanza.
Sarebbero bastate per tutta la vecchiaia, se non fossero giunti loro.
Li notai la prima volta all'alba, quando la nebbia taglia l'aria con tanti nastri di seta evanescente.
I guerrieri erano là, lungo la sponda ed erano appena riconoscibili.
Io non vi feci caso, ma sapevo chi fossero e cosa volessero da me.
Così tutte le mattine loro apparivano e la loro presenza era sempre più corporea e restavano sempre più tempo.
Poi iniziarono ad avvicinarsi, infine sentii i loro pesanti passi e il tintinnio delle armi.
Sapevo che non mi avrebbero dato pace: gli ultimi vecchi servi mi avevano tradito, se ne erano andati.
Rimaneva il cieco, che non smetteva di brontolare per i suoi acciacchi.
Fu lui che li fece entrare in casa e fu lui che li presentò a me: -Padrone! Ci sono dei forestieri! Dicono che devono riscuotere!-
Mi infuriai: -Idiota! Io non ho debiti...-
Li vidi dentro la mia camera da ammalato: da alcuni giorni non avevo più energie e languivo sul mio giaciglio, nello sporco.
Ebbi appena le forze per ordinare a loro di uscire.
Non si mossero, si sedettero attorno a me e attesero, attesero che io diventassi come loro, per avere il risarcimento eterno.
-I secoli sgretolarono la casa sul fiume e nessuna traccia è rimasta dell'officina del fabbro.
Solo io, vecchio archeologo dilettante, ho scovato un vaso di terracotta con il papiro ben protetto da un tappo di creta e cera.
Sarà l'effetto della mia vista non più valida, sarà dovuto alla mia immaginazione, ma proprio nel luogo del ritrovamento del manoscritto ho intravvisto, questa mattina all'alba, un uomo con
una tunica che forgiava armi, corazze, scudi, circondato da guerrieri feroci, simili a diavoli tanto erano sporchi di fuliggine.

racconto di Arduino Rossi