10 set 2012

in casa fantasmi .... TUTTO PER GIOCO












TUTTO PER GIOCO

Era un sabato pomeriggio e noi ragazzi non sapevamo cosa fare: ci stavamo annoiando come al solito. Non avevamo voglia di studiare, non avevamo intenzione di restare al bar con i nostri coetanei, né di passeggiare nelle vie del centro cittadino. La nostra città era il solito capoluogo di provincia, di una provincia abbastanza attiva e ricca, ma priva di fantasia e di iniziative per i
giovani.
Da sempre c'era un'aria bigotta. Oltre al calcio nei campetti parrocchiali, al ballo in una sala semi- clandestina della periferia, non c'era nulla, se non sane passeggiate sui colli, magari con la propria ragazza. Noi non eravamo fidanzati, era ancora presto per impegnarsi: avevamo tempo per stancarci con le donne.
Così fui io a proporre il nuovo gioco di gruppo e quel pomeriggio uggioso, piovoso, era quello giusto. Ci trovammo nella cantina di Andrea, il luogo delle nostre riunioni segrete, nascosto a tutti: era grande, con vaste volte e zeppo di mobili in disuso, che sarebbero stati la gioia di un rigattiere.
La polvere era tanta e ci sedavamo su alcune sedie con braccioli,
puliti alla meglio da noi. Restavamo a chiacchierare attorno al tavolo di ragazze, di scuola, di voti brutti e belli, del futuro con i nostri progetti di fuga da quella monotona cittadina, dove c'era solo un avvenire di lavoro, da bravi padri di famiglia.
Eravamo giovani con le teste zeppe di sogni: saremmo stati diversi dai nostri genitori. Avevo letto su una rivista un articolo sullo spiritismo e ne ero rimasto affascinato: cercai quindi di saperne di più sino a scoprire la tecnica del bicchierino.
Avevo segnato io le lettere in cerchio sul foglio bianco: lo avevo incollato al vecchio tavolino della cantina di Andrea, che brontolò un po', ma alla fine mi lasciò fare.
Eravamo in sei quel sabato, avevamo spento le luci e lasciato una flebile candela su un vecchio candelabro di bronzo. Avevo faticato non poco, sgolandomi, per ottenere un po' di silenzio e di atmosfera: qualcuno tra noi non voleva considerare il nostro esperimento come una faccenda seria. Comunque il nostro scherzare nascondeva la paura per l'ignoto. Certamente qualcuno tentava di spingere il bicchierino sul tavolo per far risultare ciò che interessava a lui: le prime parole erano incomprensibili.
Finalmente l'atmosfera tenebrosa del locale ebbe la meglio sui burloni più cocciuti: si calmarono quando le prime parole sensate uscirono.
Chiedemmo. -Chi sei?-
-Sono un vostro amico!-
-Sei morto?-
Il bicchierino scivolava rapido con le risposte: -Sì!-
-Vuoi fare il nostro spirito guida?-
-Certamente!-
Tutto andava bene ed eravamo in quella condizione psicologica che dal dubbio, o dall'incredulità, si passa alla constatazione che qualcosa di misterioso sta avvenendo. Gli chiedemmo: -Come ti chiami?-
-Per voi sarò, Sem!-
-Sem! Quando sei deceduto?-
-Questo non vi deve interessare! Dovete solo sapere che io abitavo questa casa molti anni prima che voi nasceste! Era lo spirito della casa e questo fece preoccupare Andrea, che si lamentò: -Mi volete rovinare! State risvegliando i morti nella mia cantina!-
Ridemmo tutti: -Non temere, Sem è un buon fantasma! Non ti farà del male!-
Così, ogni sabato pomeriggio ci ritrovavamo nella cantina, sperando di sapere qualcosa di più sulla vita dopo la morte. Sem invece evitava di dare particolari: sembrava ostacolato da un'autorità superiore e non svelava i segreti dell'Oltretomba.
-Sem! Perché non ci dici come si sta da te?-
-C'è chi sta bene e chi sta male! Dipende da come uno ha vissuto!-
Era una risposta ovvia, che anche il curato della parrocchia ci avrebbe dato. Noi volevamo sapere di più, non ci bastavano i soliti chiarimenti. Comunque Sem ci fece ritrovare parenti e amici defunti, anche personaggi sconosciuti.
Potemmo verificare con precisione: ciò che diceva era esatto. Ci rivelava date di morte di gente deceduta, luoghi delle sepolture e molti altri particolari che poi risultarono veri. Non c'era nulla di macabro, né di spaventoso; alla fine la faccenda ci stava stancando.
Noi volevamo di più: avere notizie sul nostro futuro, cosa avremmo fatto e quali avvenimenti ci attendevano. Anche su queste questioni il nostro spirito guida non voleva essere precise, restava nel vago. Una volta, dopo molte insistenze, rispose: -Morirete tutti!-
-Questo è certo, ma quando?-
-Presto!-
Era una risposta agghiacciante, ma riuscii a tener unita la catena: -Come finiremo?-
-Sarete assassinati da qualcuno che temerà ciò che vi svelo ora!
Sino a quando manterrete il segreto non sarete in pericolo, ma quando uno solo parlerà per tutti voi sarà la fine!-
Avrei dovuto rompere subito la catena, ma la curiosità era troppa: -Che segreto è?-
-In questa cantina sono stati nascosti i corpi di due uomini, uccisi da un notabile della vostra città. Ci sono le prove di quanto dico, ma se troverete i cadaveri sarete tutti assassinati!-

Era qualcosa di assurdo e terribile. Avremmo dovuto tacere e vivere, o parlare e morire. Decidemmo di non tornare nella cantina, né di fare altre sedute spiritiche: sicuramente avevamo superato il confine del lecito e un'entità superiore ci stava punendo.
Ci separammo e non ci incontrammo più per anni: io decisi di andarmene dalla città e così feci carriera come avvocato. Gli altri rimasero in città e furono bravi padri di famiglia: impiegati, artigiani, commercianti, come i loro genitori e i loro nonni. Ormai non mi preoccupavo della predizione di Sem, poi aveva detto che saremmo morti presto e invece erano trascorsi quindici anni: nulla era capitato.
Fu per una causa di omicidio che fui costretto a rientrare nella mia città natale: presi una camera in affitto per tutto il periodo del processo, per non farmi notare dai parenti, dai vecchi amici.
Dovevo difendere il personaggio più ricco e potente della città: un losco individuo sospettato di diversi crimini, che proseguiva
nelle sue abili attività delinquenziali.
Mi aveva incastrato con una promessa fatta alla moglie, una donna molto bella ed affascinante. Il mio cliente era un vero farabutto, ma con le mie loquaci capacità forensi e con le sue protezioni riuscii a farlo assolvere: mi ripagò con regali lussuosi oltre alla mia parcella.
Io non ero soddisfatto e avrei preferito che quel delinquente fosse finito in carcere per scontare i suoi gravi delitti: avevo ancora un po' di coscienza. La notte sognai di Sem che mi disse: -Va' nella cantina e scava!-
Il giorno successivo rividi Andrea. Non fu tanto felice della mia proposta, ma la mia cocciutaggine vinse ancora le sue titubanze: dovevo sapere se Sem ci avesse spaventato e ingannato o avesse detto ancora la verità. Il pavimento era coperto da un lastricato di pietra, ma fu facile per me trovare l'unico tratto di terriccio.
Faticammo parecchio, ma alla fine, sotto solo mezzo metro di materiale, trovammo due scheletri. C'era pure quella che probabilmente era stata l'arma del delitto: un piccone. Quelli erano i resti di due complici del mio cliente, scomparsi diversi anni prima, mentre per la giustizia erano due ricercati per appropriazione indebita.
Si era detto che vivessero in qualche isola tropicale, dove sperperassero i soldi rubati, invece erano lì, nella cantina del mio amico, morti da anni.
Si sarebbe riaperto il caso e le dichiarazioni del potente della città sarebbero state facilmente contraddette dai fatti: non avevano potuto portare con sé il denaro, né spenderlo in paesi stranieri, come risultava dalle indagini. L'unico che avrebbe potuto appropriarsi impunemente del capitale era lui, il grasso e ormai vecchio, temuto, prepotente magnate della città.
Era necessario trovarci tutti noi, gli amici di un tempo, e decidere assieme cosa fare: l' assassino ci avrebbe facilmente tappato la bocca per sempre, se avesse saputo che noi conoscevamo i suoi crimini.
I miei amici mi maledissero e mi consigliarono di andarmene per
sempre dalle loro vite: ero un pericolo per tutti loro con la mia rischiosa sete di giustizia. Certamente nessuno di noi avrebbe svelato il segreto, così fui contento: quella volta Sem avesse sbagliato, non ci avrebbero ammazzato.
Mi ero scordato dalla mia abitudine a scrivere dei resoconti nel periodo delle sedute spiritiche e del desiderio di fama: quegli scritti li inviavo a riviste che trattavano di misteri.
Ma avevo evitato di spedire l'ultimo mio scritto, riguardante la seduta della predizione. Sì!
Scioccamente, per la mia mania di scrivere a sera ogni cosa di interessante che mi capitava, esisteva ancora una pagina ingiallita con la cronaca precisa di ciò che Sem ci aveva predetto e detto. Quel foglio sciolto era rimasto con le copie dei miei vecchi articoli, mai pubblicati, in un quaderno nella cantina. Nessuno si era ricordato di quegli manoscritti. Per far pulizia Andrea regalò il tavolino delle sedute a un povero studente, con qualche difficoltà economica.
Quel idiota rinvenne i miei pezzi giornalistici e li firmò, spedendoli a un giornale poco serio, che trattava di spiritismo. Per anni i miei lavori erano rimasti inediti, nonostante i miei sforzi. La sorte volle che proprio lo scritto, che non avrei mai desiderato diffondere, fosse stampato. I sicari del potente nostro nemico ci trovarono alla stazione, mentre stavamo partendo e fu facile eliminarci: fu una strage inspiegabile e incomprensibile per anni. Solo con il gioco del bicchierino, cari giovani amici miei avete scoperto questa tragica verità, ma non rivelatela mai a nessuno se non desiderate conoscere in anticipo i segreti dell'Aldilà.

racconto di Arduino Rossi