IL POZZO
Era stato scavato in
altri tempi, quando l'acqua era abbondante e bastava scendere pochi
metri sotto terra per arrivare alla falda
acquifera: ora le
lunghe siccità avevano insecchito il vecchio pozzo ed era necessario
scendere molto per dare un po' di acqua fangosa, dal sapore forte, al
paese.
Noi ragazzini ci
calavamo attraverso una fessura del terreno, eravamo piccoli e magri,
seguivamo dei gradini ai bordi sino al fondo duro e arido.
Pure io vi discesi
varie volte senza mai rintracciare quella porta, che secondo la
leggenda raccontata nel villaggio, fosse quella dell'inferno.
Era divertente
avvicinarsi al pozzo, nonostante i rimproveri degli adulti, poi
celarsi dove i grandi non sarebbero passati e aspettare la sera,
risalire rapidamente, temendo la notte e le sculacciate delle mamme.
Era un gioco ardito,
rischiavamo di cadere per alcuni metri dai gradini scivolosi.
Ero il più spavaldo
dei bambini del gruppo che vivevamo come animaletti selvatici dalla
mattina alla sera in cerca di uova di uccello, dispettosi, violenti,
anche cattivelli.
Per dimostrare il mio
coraggio ed essere riconosciuto senza ombra di dubbio come capo
banda, decisi di entrare solo nel pozzo e di trascorrere la notte con
due candele rubate in chiesa, un po' di pane, uno straccio come
coperta.
Benché l'età
dell'incoscienza e la spavalderia dell'epoca mi dava
la certezza che avrei
potuto affrontare anche il diavolo, quando i miei amici mi lasciarono
solo io tremai come un bambinetto spaurito.
Pensai: -Che sciocco
che sono stato!-
Ero quasi deciso a
tornare in superficie, ma la vergogna che avrei provato sarebbe stata
troppo forte e rimasi, fissando con angoscia ogni ombra che si
muoveva per il tremolio della fiammella della candela.
La notte avanzava, ma
io non potevo sapere che ore fossero, non avevo orologio, né il
cielo stellato sopra di me, con la luna che calava e sorgeva.
Iniziai a percepire
fruscii, tonfi lontani e sotterranei, rumori che diventarono sempre
più forti e distinguibili.
Le candele si
consumavano rapidamente e non sarebbero bastate per tutta la notte,
ma una luminosità lieve stava invadendo il fondo del pozzo: era una
luce rossastra, che aveva piccoli bagliori ed era accompagnata da
risolini striduli.
Era una maledetta
situazione e capii che certamente qualcosa sarebbe avvenuto, ma non
di buono o di bello: i rumori stavano diventando dei frastuoni, i
sussurri in voci e lamenti, bestemmie e richieste di pietà.
Con sorpresa scoprii
che si era aperta una porta nella roccia, ben illuminata e decisi di
capire cosa stesse accadendo.
Camminai lungo una
galleria per alcuni chilometri, poi scesi verso il centro di una sala
vuota, attraverso stretti sentieri, inerpicata lungo le pareti
immensi di una voragine profondissima.
Tutto era costellato
da torri appuntite che sbucavano dal buio e su ogni punta c'era una
figura oscena, ripugnante: pareva il tetto di una cattedrale gotica,
ma dalla forma imprecisa, dal gusto rozzo, zeppo di immagini
diaboliche.
Ero deciso, proseguii
lungo la pericolosa via e la curiosità aveva il sopravvento sul buon
senso, sul timore.
Ero certo di essere
più furbo del Diavolo e forse lo ero.
Le urla di dolore
crebbero, ma non riuscivo a vedere nessuno: le tenebre continuavano a
celare una scena che si deduceva mostruosa.
Una voce mi sorpresa
alle spalle: -Guarda questo moccioso che sta facendo! Si crede
scaltro!-
Era un omone scuro e
sporco, dalla pelle rugosa e bluastra: era una vera apparizione
infernale, qualcosa che oggi mi farebbe svanire per lo spavento, ma
allora ero così incosciente che gli sorrisi: -Che ne dici di
mostrarmi il paesaggio!-
-Per chi mi hai preso!
per una guida turistica! Lo sai cosa c'è là?-
Feci il falso ingenuo:
-Non so! Dimmi?-
Quello si infuriò e
mi afferrò la testa, spingendomi verso la voragine, trattenendomi a
stento dal farmi precipitare: -Non fare lo spiritoso con noi! Hai
capito?-
Fui d'accordo e lo
assecondai, mi fece scendere ancora qualche
metro e poi mi pose in
cima a una guglia: -Ecco resta lì! Se resisterai alla visione
tornerai sulla terra, altrimenti sarai nostro ospite per sempre!-
Dopo un po' il buio si
sciolse come nebbia al sole e fu facile per me intravvedere le ombre
prendere forma in persone, in larve spettrali che si agitavano tra
fiamme, sangue, escrementi, torture inimmaginabili.
I poveretti non
morivano e rimanevano per sempre vivi, o quanto meno coscienti della
loro condizione.
Certamente rimasi
scioccato, ma persi il completo controllo di me, ebbi la forza di
ridere, fortissimo, a tal punto qualche disgraziato si accorse di me:
-Vieni qui, che le tue risate saranno fragorose!-
Erano furiosi perché
si sentivano derisi da un moccioso.
La testa mi girava, il
fetore di morte e di putrido era insopportabile, il caldo era
incredibile, stavo per cedere: sarei precipitato nella bolgia
infernale, tra orrori e tormenti, quando ebbi l'istintiva reazione
della preda in trappola.
Feci un salto sino al
bordo del sentiero.
Fui presto salvo, ma i
diavoli, foschi come il buio mi inseguivano: erano decisi a non
lasciarmi scappare, sarei stato un testimone indesiderato, scomodo
del loro mondo.
Sapevo che l'alba non
era lontana e continuai a salire, arrampicarmi senza mai sbucare nel
pozzo.
Non so cosa capitò,
ma alla fine mi trovai sul prato, accanto alla bocca del pozzo: i
miei amici erano lì e tentavano di rinvenirmi da ore.
Erano curiosi, ma io
non dissi nulla: rimasi in silenzio per giorni interi.
Mi ero piazzato in
fondo alla chiesa e il sagrestano mi mandava via alla sera in malo
modo: non capiva perché trascorressi le mie giornate in un angolo al
buio di una cappelletta, borbottando come un mentecatto frasi
sconnesse.
I miei compagni mi
martellarono di domande per settimane poi si stancarono, convinti che
qualcosa mi avesse fatto uscire di senno: tornarono ai loro giochi e
non sceso più nel pozzo.
Io ricominciai la mia
vita, ma non ero più lo stesso: ero spesso mogio, non reagivo alle
provocazioni dei compagni.
Qualcosa in me si era
spezzato, ma non ero diventato un folle.
Finalmente decisi di
mostrare quello che il Diavolo mi aveva fatto.
I miei coetanei
rimasero ammutoliti e fuggirono terrorizzati: un'enorme graffiata mi
aveva segnato il petto e si era formato un tatuaggio, era il disegno
di un diavolaccio sopra una guglia.
Fui lasciato solo da
allora: per loro ero stato segnato da Satana e gli appartenevo per
sempre.
racconto di Arduino Rossi