MADRE
E FIGLIO
Una
piccolo uomo con l'abito nero conduceva alcuni conoscenti alla tomba
di un loro sfortunato amico.
Rigirava
nervosamente il cappello tra le mani e camminava tra la nebbia, che
calava densa sulla pianura bergamasca.
L'uomo
si arrestò davanti a una sepoltura recente e raccontò la tragica
vicenda dell'amico scomparso: -Ad Alberto morì la moglie in gennaio,
non si era mai ripresa dal travaglio del parto e dalla sua anemia era
subentrata poca voglia di vivere.
In
quella casa il parroco non era mai entrato, perché gli abitanti
erano poco religiosi, ma dei parenti convinsero la moribonda a
ricevere i Sacramenti.
Ella
simulò una confessione, ma voi sapete quanto fosse restia a
raccontare agli altri le proprie miserie.
Il
prete tentò cautamente, ma senza risultato, di aprirle il cuore:
ella aveva un fardello pesante sulla coscienza, ma era una donna
cocciuta e non temeva l'Inferno, neppure in punto di morte.
Alberto,
io lo dico a malincuore, fu preoccupato solamente di evitare
pettegolezzi tra la gente durante il funerale.
Si
finse disperato, pur pensando già di rifarsi una vita.
L'accompagnò
all'ultimo viaggio in una mattina gelida, con il vento che sferzava i
rari partecipanti.
Il
bambino morì pochi giorni dopo: era gracile dalla nascita e il padre
lo aveva accudito con poco amore.
Questa
seconda sventura commosse tutti.
I
bambini seguirono il feretro con i fiori di carta preparati da loro e
al passaggio della piccola bianca bara gli uomini si toglievano il
cappello.
Alberto
portò il lutto per tutti i giorni comandati dalla tradizione e fu
attento a non tradire la sua indifferenza.
Fece
preparare la tomba di famiglia, per il figlioletto e per la moglie.
Tutti
lo sconsigliarono di deporre la piccola creatura accanto alla madre;
anche il parroco lo scongiurò di non rischiare un sacrilegio.
Alberto
ben presto riprese la sua esistenza abituale e allegra.
Fu
appunto dopo una serata di gozzoviglie che ebbe il primo misterioso
avviso: la sua casa era ben chiusa e non c'erano i segni del
passaggio di estranei eppure i fiori davanti al ritratto della moglie
erano stati strappati e sparsi sul pavimento.
Egli
non volle dare importanza al fatto, non volendo capire
l'avvertimento.
In
seguito continuarono gli scompigli inspiegabili dei fiori e delle
immagini della moglie, senza che egli ne potesse scoprire il
responsabile.
Una
donna, addetta alle pulizie di quella casa, diffuse la voce di quei
fatti misteriosi, che furono attribuiti alla defunta.
La
curiosità crebbe e la gente evitò di avvicinarsi a quella casa,
specialmente alla sera.
Quando
poi gli scempi misero sottosopra la tomba, anche i più cauti
pensarono che preannunciasse qualcosa di orribile.
Alberto
evitava l'argomento e accusava i suoi nemici di desiderare la sua
rovina.
Sebbene
fosse un uomo coraggioso e incredulo, la notte era terrorizzato da
strane voci, fra le quali distingueva quella tremolante della moglie.
Le
anime dannate, sepolte accanto agli innocenti, si agitano disperate,
perché subiscono maggiori tormenti.
La
voce della morta si fece sentire sempre più chiaramente e una notte
ella gli comparve: aveva il volto segnato orribilmente dal dolore, i
suoi capelli erano irti e arruffati.
Pareva
una vecchia strega, ma di lei rimaneva intatto lo sguardo autoritario
e il sorriso ironico: -Lo sapevi che ero dannata e hai posto nostro
figlio accanto a me per tormentarmi di più! Questo sacrilegio ti
costerà l'anima, se non rimedierai al più presto!-
Poi
scomparve, augurandogli di raggiungerla al più presto tra i
tormenti.
Neppure
il parroco comprese la fretta di Alberto di traslare la salma del suo
figlioletto.
Alberto
era un uomo mutato profondamente: era scontroso e misantropo,
consumato dal rimorso, frequentava assiduamente la
chiesa.
Lo
incontrai casualmente al cimitero, egli mi confidò la sua
maledizione.
Non
volli credergli e lo scongiurai di non cedere ai fantasmi della
mente, ma egli mi lasciò senza rispondere, camminando a fatica tra
la neve che cadeva fitta.
La
mattina dopo fu ritrovato morto per il freddo, sulla tomba della
moglie.
racconto di Arduino Rossi
racconto di Arduino Rossi