L'INCENDIARIO
Vedere dall'alto un
incendio per me è sempre stata la mia passione: il primo avvenne per
caso, una mattina di molti anni fa.
Una casupola prese
fuoco per la sbadataggine di un vecchio.
Il fuoco divampò con
vigore e il suo stridore non celò le urla del poveretto.
Dall'alto, sempre
dall'alto, assistevo, senza muovere un dito, a quello spettacolo di
potenza distruttiva, di violenza naturale che nulla perdona.
Da quel giorno, per
provare ancora a quel piacere, provocai io gli incendi.
Divenni sempre più
abile e scaltro.
La polizia sospettava
di me, ma non riusciva mai a trovare le prove: agivo di notte o nelle
giornate più tranquille, quando non c'era nessuno, o nei giorni di
festa.
Ero sempre avvistato
sui luoghi dei miei crimini, poco prima che
il fuoco divampasse,
ma nessun pedinamento, nessuno sbirro, per esperto che fosse, riuscì
a cogliermi con l'innesco in mano.
Ero seduto sul colle,
il luogo più alto della città, e attendevo le fiamme.
Il vento era caldo e
forte: mi gustavo già il piacere che dà l'odore di bruciato.
Invece quella volta il
puzzo proveniva dalle spalle: non era il vento che avevo
improvvisamente cambiato direzione.
Lui era lì, alto,
brutto, con quel tremendo tanfo di carne arsa che esalava tutte le
volte che sorrideva.
Capii chi fosse e
provai terrore, ammirazione, entusiasmo gioia:
era il mio grande
maestro, il padre di tutti gli incendiari.
Gli chiesi: -Che
vuoi!-
-Grazie del servigi,
amico! Vuoi diventare mio socio a tutti gli effetti?-
Risposi senza perdere
tempo: -Certamente!-
Mi prese con lui,
mettendomi sulla sua schiena larga, dura e increspata.
Vidi dall'alto la mia
città, le verdi valli che la avvolgevano, la pianura calda, umida,
molle, con i campi di frumento maturi, pronti a essere mietuti o
bruciati.
I campanili dei
paesini si avvicinavano e si allontanavano repentini tanto era veloce
lui, Satana.
Mi condusse sopra la
montagna più alta della regione e mi fece firmare un patto con il
sangue.
Ero il suo servo, con
trattamenti di favore, ero il più caro e affezionato adoratore del
fuoco.
Divenni capo di una
setta satanica, di un gruppo di sadici, perversi incendiari.
Eppure fummo traditi:
fu il vento, fu il nostro maestro, fu il Cielo.
Eravamo dentro la
nostra casupola, il nostro santuario, il luogo ricercato dalla
polizia e mai trovato.
Si era deciso che lì
nessuno avrebbe acceso un fuoco, per non mettere a repentaglio la
nostra sicurezza durante le nostre riunioni.
Con noi si era unito
un giovane, che mi sembrava più demente che satanico.
Infatti, nella sua
innocente incoscienza non era succube alla volontà del male, ma a
quella del bene.
Fu lui a incendiare le
sterpaglie che circondavano il nostro santuario: le fiamme avvolsero
tutto ed ebbero facile ragione di noi.
Perimmo tutti, ma il
fuoco continuava a divampare: le nostre anime non hanno pace......
racconto di Arduino Rossi
racconto di Arduino Rossi