10 set 2012

maledette storie .... IL MAESTRO




IL MAESTRO

Da tempo il vecchio non incontrava nessuno: restava sulla montagna in completa solitudine.
Non era stato un essere socievole: era permaloso, ombroso, schivo.
Non aveva rancori né interessi, non era né amato, né odiato.
Non avevo bisogno di nulla: avevo la capacità di sistemare, adottare, ridottare i vecchi attrezzi, gli abiti, le scarpe, gli zoccoli.
Ciò che non riaggiustava lo sostituiva con quello che riusciva a trovare in natura.
Era un selvaggio, nel senso positivo e negativo del termine: ormai i suoi stracci erano cuciti con un tessuto naturale, che solo lui conosceva.
Era un ottimo fabbro e sapeva rimodellare qualsiasi ferro vecchio.
Si nutriva di quel poco che gli dava l'orto, del latte e del formaggio di capra, dalle uova di un minuscolo pollaio e dei frutti del Bosco: radici, lamponi, more, castagne.
Era talmente magro da assomigliare a uno scheletro, ma la sua forza, nonostante tutto era ancora notevole.
Non aveva bisogno di nessuno, ma era considerato non pericoloso: benché a molti facesse paura, per l'aspetto e per i modi selvatici, non si conoscevano fatti che potessero giustificare l'innato timore dei valligiani.
Era la maledetta superstizione della gente rustica che convinceva tutti di evitarlo, specialmente nelle notti di luna piena.
Lo credevano un licantropo, o più precisamente un uomo lupo: un essere bestiale più feroce delle belve della boscaglia.
Naturalmente io non credevo a tutto ciò, ero certo che il vecchio
fosse solo un misantropo, un emarginato, forse un demente, ma non un mostro sovrannaturale, una creatura del Maligno.
Ero il maestro della scuola ed era giusto che dimostrassi ai ragazzi, ma anche agli adulti, quanto fossero inammissibili certe
paure.
Presi la decisione di andare dal vecchio e di incontrarlo per parlargli, da anni non aveva rapporti umani.
Era proprio conciato male: era sporco, puzzava di selvatico.
Era avvolto da pelli di animali, scuoiate rozzamente e stracci cuciti assieme.
Il primo contatto fu pauroso: egli mi fissò con occhi furiosi.
Temetti un'aggressione invece fece un verso simile a un grugnito e ricominciò a zappare.
Tutto sommato sapevo ben lavorare: la casupola era di solida pietra tagliata e gli attrezzi per i campi erano ottimamente fotografati.
Dopo il primo sguardo il vecchio non mi prese più in considerazione: non esistevo più per lui.
Cercai di parlargli senza provocare la sua rabbia, nota nella valle: -Signore! Mi scusi....parlo con lei!-
Non mi rispondeva e allora mi sedetti vicino a lui, mentre tesseva con un telaio di legno un ruvido telo di sacco.
Questa volta parlò: -Che cerchi?-
-Nulla, voglio sapere da lei...-
-Sì! Sono una bestia, un lupo.-
Lo disse con la naturalezza, come se ciò fosse ovvio, un fatto che tutti potevano conoscere.
La mia opera educatrice si stava scontrando con la rustica e primitiva cultura di quell'individuo, vittima di pregiudizi antichissimi.
Il fondo ero un bambino, i modi, la capacità critica, e lo trattai come tale: -Lei non deve credere a queste fandonie! Non si deve far influenzare da idee assurde, irreali. Lei è un uomo e la luna non può trasformarla in ciò che non è: un lupo! Il diavolo e altri personaggi metafisici sono solo un retaggio del passato. Oggi siamo illuminati dalla scienza che tutto spiega e tutto capisce!-
Il vecchio sogghignò: -Vuol proprio restare qua sino a sera? Io le consiglio di tornare al più presto a casa!-
Invece volevo restare con lui tutta la notte.
Avevo il mio piano: gli avrei somministrato un calmante alla sua
insaputa e lo avrei assistito nelle sue crisi nervose, o presunte tali.
La licantropia è una malattia nervosa, una forma di isterismo.
Avrei dimostrato ai valligiani quanto fossero sciocchi, ma ....purtroppo.-

-Il corpo del maestro Giuseppe Conti è stato rinvenuto nel fondo
valle.
Aveva sul collo i segni di morsi di una belva feroce, forse un lupo o un grosso cane inselvatichito.
Sono in corso battute in tutta la zona, alla ricerca dell'animale, per abbatterlo, ma le tracce si perdono nei pressi della baita del vecchio Bartolomeo.
A stenti siamo riusciti a evitare il linciaggio del vecchio, accusato dalla folla di essere un licantropo, un lupo mannaro.
Questa superstizione è ancora creduta tra i montanari.
Dopo aver ricomposto il corpo nel nostro comando di polizia è stato sepolto nel cimitero con una semplice benedizione.
Il parroco non voleva scontrarsi con i compaesani: le vittime dei
lupi mannari non possono entrare in chiesa.


racconto di Arduino Rossi