IL MAESTRO
Da tempo il vecchio
non incontrava nessuno: restava sulla montagna in completa
solitudine.
Non era stato un
essere socievole: era permaloso, ombroso, schivo.
Non aveva rancori né
interessi, non era né amato, né odiato.
Non avevo bisogno di
nulla: avevo la capacità di sistemare, adottare, ridottare i vecchi
attrezzi, gli abiti, le scarpe, gli zoccoli.
Ciò che non
riaggiustava lo sostituiva con quello che riusciva a trovare in
natura.
Era un selvaggio, nel
senso positivo e negativo del termine: ormai i suoi stracci erano
cuciti con un tessuto naturale, che solo lui conosceva.
Era un ottimo fabbro e
sapeva rimodellare qualsiasi ferro vecchio.
Si nutriva di quel
poco che gli dava l'orto, del latte e del formaggio di capra, dalle
uova di un minuscolo pollaio e dei frutti del Bosco: radici, lamponi,
more, castagne.
Era talmente magro da
assomigliare a uno scheletro, ma la sua forza, nonostante tutto era
ancora notevole.
Non aveva bisogno di
nessuno, ma era considerato non pericoloso: benché a molti facesse
paura, per l'aspetto e per i modi selvatici, non si conoscevano fatti
che potessero giustificare l'innato timore dei valligiani.
Era la maledetta
superstizione della gente rustica che convinceva tutti di evitarlo,
specialmente nelle notti di luna piena.
Lo credevano un
licantropo, o più precisamente un uomo lupo: un essere bestiale più
feroce delle belve della boscaglia.
Naturalmente io non
credevo a tutto ciò, ero certo che il vecchio
fosse solo un
misantropo, un emarginato, forse un demente, ma non un mostro
sovrannaturale, una creatura del Maligno.
Ero il maestro della
scuola ed era giusto che dimostrassi ai ragazzi, ma anche agli
adulti, quanto fossero inammissibili certe
paure.
Presi la decisione di
andare dal vecchio e di incontrarlo per parlargli, da anni non aveva
rapporti umani.
Era proprio conciato
male: era sporco, puzzava di selvatico.
Era avvolto da pelli
di animali, scuoiate rozzamente e stracci cuciti assieme.
Il primo contatto fu
pauroso: egli mi fissò con occhi furiosi.
Temetti un'aggressione
invece fece un verso simile a un grugnito e ricominciò a zappare.
Tutto sommato sapevo
ben lavorare: la casupola era di solida pietra tagliata e gli
attrezzi per i campi erano ottimamente fotografati.
Dopo il primo sguardo
il vecchio non mi prese più in considerazione: non esistevo più per
lui.
Cercai di parlargli
senza provocare la sua rabbia, nota nella valle: -Signore! Mi
scusi....parlo con lei!-
Non mi rispondeva e
allora mi sedetti vicino a lui, mentre tesseva con un telaio di legno
un ruvido telo di sacco.
Questa volta parlò:
-Che cerchi?-
-Nulla, voglio sapere
da lei...-
-Sì! Sono una bestia,
un lupo.-
Lo disse con la
naturalezza, come se ciò fosse ovvio, un fatto che tutti potevano
conoscere.
La mia opera
educatrice si stava scontrando con la rustica e primitiva cultura di
quell'individuo, vittima di pregiudizi antichissimi.
Il fondo ero un
bambino, i modi, la capacità critica, e lo trattai come tale: -Lei
non deve credere a queste fandonie! Non si deve far influenzare da
idee assurde, irreali. Lei è un uomo e la luna non può trasformarla
in ciò che non è: un lupo! Il diavolo e altri personaggi metafisici
sono solo un retaggio del passato. Oggi siamo illuminati dalla
scienza che tutto spiega e tutto capisce!-
Il vecchio sogghignò:
-Vuol proprio restare qua sino a sera? Io le consiglio di tornare al
più presto a casa!-
Invece volevo restare
con lui tutta la notte.
Avevo il mio piano:
gli avrei somministrato un calmante alla sua
insaputa e lo avrei
assistito nelle sue crisi nervose, o presunte tali.
La licantropia è una
malattia nervosa, una forma di isterismo.
Avrei dimostrato ai
valligiani quanto fossero sciocchi, ma ....purtroppo.-
-Il corpo del maestro
Giuseppe Conti è stato rinvenuto nel fondo
valle.
Aveva sul collo i
segni di morsi di una belva feroce, forse un lupo o un grosso cane
inselvatichito.
Sono in corso battute
in tutta la zona, alla ricerca dell'animale, per abbatterlo, ma le
tracce si perdono nei pressi della baita del vecchio Bartolomeo.
A stenti siamo
riusciti a evitare il linciaggio del vecchio, accusato dalla folla di
essere un licantropo, un lupo mannaro.
Questa superstizione è
ancora creduta tra i montanari.
Dopo aver ricomposto
il corpo nel nostro comando di polizia è stato sepolto nel cimitero
con una semplice benedizione.
Il parroco non voleva
scontrarsi con i compaesani: le vittime dei
lupi mannari non
possono entrare in chiesa.
racconto di Arduino Rossi