L'AUTISTA
Mi avevano licenziato
tre volte nell'ultimo mese: dovevo assolutamente trovare un nuovo
lavoro e tenermelo per un po'.
Ero un attacca lite:
mi ero scontrato con i padroncini, con i miei colleghi e sempre per
sciocchezze.
L'ultima volta ero
quasi arrivato alle mani con il mio capo per una questione di tifo
sportivo.
Ero fatto così: ero
focoso, iroso, mi scaldavo per nulla e insultavo.
Quella volta non avevo
proprio il pretesto di cedere alla mia rabbia: il padrone
dell'agenzia era un ometto silenzioso, che parlava lo stretto
necessario per farsi capire.
Le mie domande
curiose, il mio modo chiassoso, le mie battute lo lasciavano
indifferente: -Capo! Dove siamo qua?-
-Lo vedi! E'
un'agenzia di pompe funebri!-
Era una domanda ovvia:
-Quanto mi dà! Ci sono mance? Ho colleghi?...-
Dopo una trentina di
richieste di informazione il tizio, con quell'aria da becchino nato,
mi consigliò di fare gli affari mie.
La paga era quella
sindacale e nient'altro, ero l'unico autista e dovevo portare le
casse con i cari estinti alle loro dimore, in tutta la Nazione, con
le trasferte pagate.
Non c'era da far
festa, ma non potevo certamente rifiutare quell'ultima possibilità.
Iniziai il mestiere di
autista dei cadaveri: mi vestivo in divisa nera ovviamente, salivo
sul furgone e partivo per ore intere, talvolta per giorni, sino al
paese d'origine, per soddisfare le ultime volontà di qualche
poveraccio.
Trascorsero i mesi,
gli anni e quella tetra incombenza mi aveva intristito: non parlavo
con nessuno per chilometri e chilometri.
Nei bar o nei
ristoranti tutti mi evitavano, qualcuno faceva gli scongiuri alla mia
vista.
In passato suonavo il
clacson o fischiavo quando incontravo qualche bella ragazza, ma non
era il caso di farlo ora, nelle mie nuove vesti con quel triste
carico alle spalle.
Non mi rimaneva che
ascoltare la radio e senza accorgermi incominciai a parlare da solo,
come se qualcuno mi potesse rispondere.
Scivolai. senza
accorgermi, in dialoghi improbabili con la salma:
-Amico! Come va la
vita? Parlo dell'altra vita.... Ti scottano i piedi?-
Erano discorsi
irriverenti, talvolta volgari e scabrosi, spesso sarcastici.
Non so come, ma da
quella volta il mio non fu un monologo: -Come
si sta nella cassa!
Tutto avvolto nella seta?-
Udii alle mie spalle:
-Bene, grazie!-
Rimasi allibito:
frenai per non perdere il controllo del mezzo.
Finii sul bordo della
strada e mi girai verso il feretro: -Chi ha parlato?-
Non ricevetti
risposta: dedussi di aver confuso una voce della via con quella del
morto.
Stavo per ripartire
quando riudii: -Hai paura? Uno come te non dovrebbe aver timore
dell'Aldilà!-
Mi girai lentamente,
con il cuore in gola, pallido e sudato.
Chiesi: -Chi sei? Cosa
vuoi?-
-Chi sono? Non sai
leggere? E' scritto sulla bara! Cosa voglio? Nulla! Solo fare due
chiacchiere!-
Temevo per me e la mia
anima: -Dove sei ora?-
-Non ti riguarda
questo, sono affari miei! Ti posso dire che potrei star meglio, ma
potevo finire in fondo e star peggio per sempre!-
Mi sforzai di
sorridere: -Ti è andata bene quindi?-
-Non mi posso
lamentare!-
Da quel giorno i morti
mi parlano e io finalmente ho qualcuno con cui scambiare quattro
parole.
Vi assicuro che sono
tutti spiritosi, simpatici, di buona compagnia.
Peccato che solo io li
sento, ma venite da me qualche volta: ora
ho un'agenzia tutta
mia.
Vi farò conoscere i
miei amici.
racconto di Arduino Rossi
racconto di Arduino Rossi