12 set 2012

storie di fantasmi ... IL POZZO DI SAN PATRIZIO













IL POZZO DI SAN PATRIZIO

I pagani avevano mantenuto per molti anni, dopo il trionfo del cristianesimo, un cimitero, dove conservavano, in modo celato, i loro riti da idolatri.
Quando anche l'ultimo seguace delle divinità degli inferi si convertì alla giusta fede, quel luogo rimase abbandonato nella selva: solo gli animali rapaci si nascondevano tra le rovine delle tombe, tra le lapidi spezzate.
Fu presa la decisione di raggruppare tutti quei sarcofagi e gettarli in una cavità profondissima, in modo da non permettere agli adoratori di Satana di cantare qualche messa nera.
Di quella cavità, posta sopra una collinetta, nessuno vi fece caso sino a quando, da quella vasta voragine, non uscirono gli spettri in cerca di vendetta e con tanto rancore contro i cristiani.
Era sempre di notte: apparivano sulle ali di luce opaca, volavano fuori dalla cavità come zanzare dal nido e salivano, spalancando le loro fauci tremende, assetati di sangue e vita umana.
Erano esseri tenebrosi che bussavano alle porte delle case, cercando di insinuarsi nelle abitazioni delle persone per bene,portando odio, rancore, terrore, confusione nel cuore.
Fu presa la giusta decisione di coprire quell'apertura con un enorme macigno, trascinato da tutto il paese con corde e tronchi.
Con la chiusura della cavità la gente non si sentiva ancora tranquilla: fu costruito un santuario, sopra la collinetta, per mettere a guardia del luogo un Santo.
Fu prescelto San Patrizio, perché sarebbe stato il più adatto a impedire la fuga delle anime in pena: si temeva che dal pozzo, necessario per dare acqua al santuario, uscissero ancora i dannati.
Il luogo fu chiamato: la collina del pozzo di San Patrizio.
Non si ebbero miracoli come quelli che fece il Santo in Irlanda, sconfiggendo le carestie, facendo sgorgare l'abbondanza dal suo pozzo benedetto.
Comunque non ci furono più spettri che infastidirono le anime vive e fu sufficiente ringraziare il Santo con una solenne processione una volta all'anno.
Dal paese salivano i paesani sino alla collinetta, dove si ergeva il bel luogo sacro, con le sue arcate costruite sulla roccia.
Il rustico edificio romanico era stato abbellito da arcate e da una statua del Santo, dominante la vallata.
C'era sempre un'aria macabra alla sera attorno al luogo e la gente la evitava, temendo di incontrare qualche anima morta: il timore dei defunti è duro da sconfiggere tra i valligiani,nonostante l'aiuto del Cielo.
La tradizionale devozione verso il Santo affievolì nei secoli e la gente abbandonò il santuario al suo destino: per anni rimase disabitato e cadde in rovina, poi un vagabondo si rifugiò.
Il tetto era in parte crollato, la canonica accanto non aveva più porte né finestre, ma la chiesa resisteva ancora alle intemperie, al potente vento della valle, ai saccheggiatori occasionali.
L'ospite della chiesa di San Patrizio era un giovane un po' troppo magro per essere un eroe, forse anche un po' pazzo, ma certamente dal carattere audace.
Non erano certamente gli spettri a intimidirlo e, indifferente alle dicerie, andava nella cripta, dove c'era il pozzo, e lì dormiva.
Il brusio che si udiva alla bocca del pozzo lo infastidiva e, curioso, volle calarsi per capire di cosa si trattasse: non trovò nulla, se non una grande cavità che parve così immensa da non poter scovare il fondo.
Eppure il vociare lo aveva sentito chiaramente: forse era provocato da correnti d'aria sotterranea, o il flusso di aria calda che saliva e fredda che scendeva.
Forse era l'acqua che scorreva nel fondo.
Non gli rimase che risalire per quella volta, ma i paesani lo sconsigliarono di proseguire nelle sue ricerche: erano certi che quella grotta fosse l'anticamera dell'inferno.
Il vagabondo non volle ascoltar ragione e si arrischiò ancora, non tornando più.
Nei decenni altri giovani e meno giovani scomparvero dentro il pozzo di San Patrizio: un povero mentecatto, un cercatore di tesori, un archeologo, etc.
Nel paese non si trovò una squadra di volontari che potesse esplorare la cavità: c'erano sempre delle scusanti per non scendere in quella "bocca dell'inferno", come era stata ribattezzata.
Era inutile calarsi perché troppo stretto, perché pieno d'acqua.
In realtà non c'era motivo se non nel timore superstizioso: la gente credeva alle leggende dei loro padri e sapevano che prima o poi avrebbero visto la morte uscire da quel pozzo.
Un tempo gli anziani raccontavano che le pestilenze, la carestia, gli insetti dannosi alle messi provenivano da quel luogo.
Le sparizioni proseguirono: questa volta fu il turno dei ragazzini in cerca di avventura, di altri vagabondi, di fuggiaschi ricercati dalla giustizia, di innamorati decisi a farla finita.
Un vecchio continuava a ripetere: -Vedrete che torneranno tutti! Torneranno e allora piangeremo!-
Gli anni si sommavano a gli anni e degli scomparsi pure il ricordo svaniva: solo un elenco di nomi rimaneva nell'archivio della chiesa, anche quello sbiadito e ingiallito.
Cosa provocò la fine della protezione del Santo?
Chi tolse il sigillo alla bocca del pozzo?
Non lo si sa!
Si sospetta lo scherzo di cattivo gusto di qualche buontempone, o un collezionista di antichità, che scoprì la dicitura in latino, o semplicemente qualche ragazzotto un po' sciocco quanto incosciente.
Da quella notte a San Patrizio fu impossibile transitare dopo il tramonto senza imbattersi in morti che camminavano, in processioni di cadaveri, in larve dagli occhi di fuoco, assetate di sangue, dalla rabbia secolare compressa nelle membra scheletriche.
Fermare quella folla di dannati fuggiti dall'inferno era ormai impossibile: mancavano gli uomini coraggiosi, la fede era fiacca e la morte avanzava sulla terra, coprendo la vallata con un incubo della peggiore fantasia malata.
La piaga si dilatava come una malattia medioevale risorta ai giorni nostri: non era possibile credere a quei fatti, ogni persona di buon senso rideva delle paure dei montanari.
La valle fu scordata e con essa la bocca dell'inferno, posta nel santuario di San Patrizio, che avrebbe arrestato la morte se gli uomini si fossero ricordati di lui e del suo pozzo.
La luna ora illumina le ombre nella vallata e lo spettacolo delle tenebre si confondono con le anime che si celano nei boschi, con
i loro occhi tristissimi, la solitudine infinita della notte, il gelo del buio perpetuo.
L'immane potenza della natura selvatica e invincibile sovrasta il destino degli uomini senza meta.

racconto di Arduino Rossi