IL
POZZO DI SAN PATRIZIO
I
pagani avevano mantenuto per molti anni, dopo il trionfo del
cristianesimo, un cimitero, dove conservavano, in modo celato, i loro
riti da idolatri.
Quando
anche l'ultimo seguace delle divinità degli inferi si convertì alla
giusta fede, quel luogo rimase abbandonato nella selva: solo gli
animali rapaci si nascondevano tra le rovine delle tombe, tra le
lapidi spezzate.
Fu
presa la decisione di raggruppare tutti quei sarcofagi e gettarli in
una cavità profondissima, in modo da non permettere agli adoratori
di Satana di cantare qualche messa nera.
Di
quella cavità, posta sopra una collinetta, nessuno vi fece caso sino
a quando, da quella vasta voragine, non uscirono gli spettri in cerca
di vendetta e con tanto rancore contro i cristiani.
Era
sempre di notte: apparivano sulle ali di luce opaca, volavano fuori
dalla cavità come zanzare dal nido e salivano, spalancando le loro
fauci tremende, assetati di sangue e vita umana.
Erano
esseri tenebrosi che bussavano alle porte delle case, cercando di
insinuarsi nelle abitazioni delle persone per bene,portando odio,
rancore, terrore, confusione nel cuore.
Fu
presa la giusta decisione di coprire quell'apertura con un enorme
macigno, trascinato da tutto il paese con corde e tronchi.
Con
la chiusura della cavità la gente non si sentiva ancora tranquilla:
fu costruito un santuario, sopra la collinetta, per mettere a guardia
del luogo un Santo.
Fu
prescelto San Patrizio, perché sarebbe stato il più adatto a
impedire la fuga delle anime in pena: si temeva che dal pozzo,
necessario per dare acqua al santuario, uscissero ancora i dannati.
Il
luogo fu chiamato: la collina del pozzo di San Patrizio.
Non
si ebbero miracoli come quelli che fece il Santo in Irlanda,
sconfiggendo le carestie, facendo sgorgare l'abbondanza dal suo pozzo
benedetto.
Comunque
non ci furono più spettri che infastidirono le anime vive e fu
sufficiente ringraziare il Santo con una solenne processione una
volta all'anno.
Dal
paese salivano i paesani sino alla collinetta, dove si ergeva il bel
luogo sacro, con le sue arcate costruite sulla roccia.
Il
rustico edificio romanico era stato abbellito da arcate e da una
statua del Santo, dominante la vallata.
C'era
sempre un'aria macabra alla sera attorno al luogo e la gente la
evitava, temendo di incontrare qualche anima morta: il timore dei
defunti è duro da sconfiggere tra i valligiani,nonostante l'aiuto
del Cielo.
La
tradizionale devozione verso il Santo affievolì nei secoli e la
gente abbandonò il santuario al suo destino: per anni rimase
disabitato e cadde in rovina, poi un vagabondo si rifugiò.
Il
tetto era in parte crollato, la canonica accanto non aveva più porte
né finestre, ma la chiesa resisteva ancora alle intemperie, al
potente vento della valle, ai saccheggiatori occasionali.
L'ospite
della chiesa di San Patrizio era un giovane un po' troppo magro per
essere un eroe, forse anche un po' pazzo, ma certamente dal carattere
audace.
Non
erano certamente gli spettri a intimidirlo e, indifferente alle
dicerie, andava nella cripta, dove c'era il pozzo, e lì dormiva.
Il
brusio che si udiva alla bocca del pozzo lo infastidiva e, curioso,
volle calarsi per capire di cosa si trattasse: non trovò nulla, se
non una grande cavità che parve così immensa da non poter scovare
il fondo.
Eppure
il vociare lo aveva sentito chiaramente: forse era provocato da
correnti d'aria sotterranea, o il flusso di aria calda che saliva e
fredda che scendeva.
Forse
era l'acqua che scorreva nel fondo.
Non
gli rimase che risalire per quella volta, ma i paesani lo
sconsigliarono di proseguire nelle sue ricerche: erano certi che
quella grotta fosse l'anticamera dell'inferno.
Il
vagabondo non volle ascoltar ragione e si arrischiò ancora, non
tornando più.
Nei
decenni altri giovani e meno giovani scomparvero dentro il pozzo di
San Patrizio: un povero mentecatto, un cercatore di tesori, un
archeologo, etc.
Nel
paese non si trovò una squadra di volontari che potesse esplorare la
cavità: c'erano sempre delle scusanti per non scendere in quella
"bocca dell'inferno", come era stata ribattezzata.
Era
inutile calarsi perché troppo stretto, perché pieno d'acqua.
In
realtà non c'era motivo se non nel timore superstizioso: la gente
credeva alle leggende dei loro padri e sapevano che prima o poi
avrebbero visto la morte uscire da quel pozzo.
Un
tempo gli anziani raccontavano che le pestilenze, la carestia, gli
insetti dannosi alle messi provenivano da quel luogo.
Le
sparizioni proseguirono: questa volta fu il turno dei ragazzini in
cerca di avventura, di altri vagabondi, di fuggiaschi ricercati dalla
giustizia, di innamorati decisi a farla finita.
Un
vecchio continuava a ripetere: -Vedrete che torneranno tutti!
Torneranno e allora piangeremo!-
Gli
anni si sommavano a gli anni e degli scomparsi pure il ricordo
svaniva: solo un elenco di nomi rimaneva nell'archivio della chiesa,
anche quello sbiadito e ingiallito.
Cosa
provocò la fine della protezione del Santo?
Chi
tolse il sigillo alla bocca del pozzo?
Non
lo si sa!
Si
sospetta lo scherzo di cattivo gusto di qualche buontempone, o un
collezionista di antichità, che scoprì la dicitura in latino, o
semplicemente qualche ragazzotto un po' sciocco quanto incosciente.
Da
quella notte a San Patrizio fu impossibile transitare dopo il
tramonto senza imbattersi in morti che camminavano, in processioni di
cadaveri, in larve dagli occhi di fuoco, assetate di sangue, dalla
rabbia secolare compressa nelle membra scheletriche.
Fermare
quella folla di dannati fuggiti dall'inferno era ormai impossibile:
mancavano gli uomini coraggiosi, la fede era fiacca e la morte
avanzava sulla terra, coprendo la vallata con un incubo della
peggiore fantasia malata.
La
piaga si dilatava come una malattia medioevale risorta ai giorni
nostri: non era possibile credere a quei fatti, ogni persona di buon
senso rideva delle paure dei montanari.
La
valle fu scordata e con essa la bocca dell'inferno, posta nel
santuario di San Patrizio, che avrebbe arrestato la morte se gli
uomini si fossero ricordati di lui e del suo pozzo.
La
luna ora illumina le ombre nella vallata e lo spettacolo delle
tenebre si confondono con le anime che si celano nei boschi, con
i
loro occhi tristissimi, la solitudine infinita della notte, il gelo
del buio perpetuo.
L'immane
potenza della natura selvatica e invincibile sovrasta il destino
degli uomini senza meta.
racconto di Arduino Rossi