12 set 2012

NOTIZIE NEWS ...... LO SCRITTORE




Del mio primo giorno di lavoro all'E.S.B.Z.A., ENTE di SOCCORSO e di BONIFICA delle ZONE ALLUVIONATE, ricordo, come fosse oggi, l'espressione bonaria del Ragioniere Morandi nello spiegarmi l'attività dell'ufficio: -E' stato istituto nel 1883, per effetto del Regio Decreto n.1318, per regolamentare i soccorsi e le sovvenzioni governative!-
La sua pacata formalità nascondeva un certo disappunto e io interpretai il suo pensiero: -E chi me l'ha mandato questo! Non conosce neppure la funzione dell'Ente!-
Imparai presto dal Ragioniere le principali regole del quieto vivere e del buon impiegato: -La prima cosa che esige il Direttore, Dottor Cattaneo, è la puntualità! Poi, un consiglio che ti do in confidenza, non sopporta le chiacchiere, specialmente nei corridoi. Il nostro è un ufficio aperto al pubblico e bisogna mantenere un certo contegno!-
Egli mi allettò subito con previsioni di carriera, convinto che soltanto chi lavora ed è abile può migliorare.
In quello aveva perfettamente ragione, perché solo i non
raccomandati faticavano per la carriera, gli altri iniziavano con già il massimo livello possibile per le loro capacità e per i loro meriti.
Io, Rodari Angelo, di "Santi in Paradiso" non ne avevo ed ero stato assunto per un colpo di fortuna.
Non dovevo favori a nessuno e ne ero orgoglioso, ma tra i colleghi nessuno mi stimava: per loro, una persona più aveva un potente protettore e più era importante.
Del loro vanto per posizioni non meritate non mi curavo e inoltre quel tipo di carriera non mi interessava, forse perché ero troppo presuntuoso e poco pratico.
Non ridevo alle insulse barzellette del Direttore, non lo ossequiavo servizievole: venni addetto all'archivio.
Per i miei colleghi era l'ultimo dei lavori, perché uno si sporcava le mani di polvere.
Io ero in realtà felice di questa incombenza, che impegnava tutta la mia abilità coordinativa e perfezionava il mio scarso senso dell'ordine.
Secondo gli psicologi, quasi tutto ciò che ci capita è voluto inconsciamente da noi: tutti i casi della vita hanno le loro motivazioni.
Io non ho mai creduto a una cattiva coscienza che causi tutti i nostri guai, ma se questo fosse vero un complesso di colpa è sicuramente il responsabile del mio interesse per gli archivi: soffro infatti di una brutta allergia alla polvere.
Possiedo un'anima da topo di biblioteca.
Con le mani irritate dalla polvere, accumulata in anni sugli scaffali, rovistavo in cerca di documenti e di mappe di valore storico.
Sfortunatamente l'Ente pro-alluvionati non ha nulla di interessante: abbiamo parecchio vecchiume, però gli odierni incartamenti sono compilati nel rispetto scrupoloso dello stesso stile fin dalla fondazione e solo le date differenziano l'antico dal moderno.
Silvia, la collega della stanza accanto, mi aveva richiesto
questi vecchi fogli: -Basta cambiare la data e risparmiamo ore di lavoro!-
Io rifiutai seccato e risposi che era vergognoso presentare una pratica ufficiale del 1889 e mutarla in una del 1989, aggiungendo alle cifre qualche zero per l'inflazione.
A sopraintendere il mio lavoro c'era il Geometra De Giovanni, gran chiacchierone e uomo dalla figura mastodontica, una vera rovina per lo sprovveduto che lo invitava al ristorante.
All'inizio lo temevo, mi fermava per i corridoi e mi avvisava preoccupato: -E' arrivato qualcosa che la riguarda! Venga nel mio ufficio che ne parliamo!-
Io andavo spaventato: non si sa mai cosa può capitare in un Ente Pubblico, un errore può finire come nulla in un provvedimento disciplinare.
Nello studio di De Giovanni il caos toccava il culmine: da lui non si ritrovava mai nulla di quanto occorresse.

La scrivania era coperta di pratiche e di riviste, alcune erano di genere pornografico: all'arrivo di qualcuno, egli si affrettava a nasconderle.
Con mio stupore le carte che mi riguardavano le rinveniva quasi subito e con esse ricomparivano parti di importanti procedimenti, accantonati perché incompleti.
-Guarda dove erano finiti! Si cerca, si cerca e li abbiamo sotto il naso! Ora parliamo della sua questione!-
Una qualsiasi sciocchezza era trasformata dal Geometra, Direttore Aggiunto, in un assillante problema: -Capisce! Bisogna rispondere con la massima urgenza a Roma!-
Col tempo imparai a considerare la Direzione Generale di Roma simile ad un drago cinese: insaziabile mostro, divoratore di enormi quantità di verbali, avvisi e solleciti.
Una brutta mattina entrai in ufficio, puntuale come al solito e percepii immediatamente un atteggiamento di ostilità contro di me, da parte dei miei colleghi.
La mia presenza li fece zittire e un'aria da tempesta aleggiò sopra la mia testa.
Qualcuno, al quale ero antipatico, mi salutò per la prima volta con ironia.
Silvia mi chiamò: -Il Dottor Cattaneo ti vuole immediatamente nel suo studio!-
Le mie gambe tremavano, sudavo senza essere accaldato e brividi febbrili mi attraversarono la schiena.
Ella mi pose una mano sulla spalla e mi costrinse a guardarla negli occhi: -Ma Bravo, da te ci si può aspettare di tutto!-
Fu l'ultima botta, ora qualsiasi cattiva notizia non avrebbe  causato un effetto peggiore.
Io amavo Silvia, con quella esasperata passione che allora caratterizzava ogni mio interesse.
Il mio sentimento si infrangeva contro incomprensioni e si disperdeva in goffi tentativi di corteggiamento.
Io ero più morto che vivo e il Direttore mi fece sedere, sospirando alcune volte rammaricato, poi spiegò la questione: -Da Roma è pervenuta una grave nota disciplinare nei suoi confronti!-
In sostanza una ditta aveva ricevuto il 10% in più del dovuto, perché non era stata valutata la sottrazione fiscale dell'ultimo Decreto Legge.
Io ero solo l'esecutore, le precisazioni sul caso le avevo
chieste direttamente al Direttore.
Ora mi consideravano l'unico responsabile, con il sospetto avallato dalla Commissione Disciplinare di "interesse privata in atti d'ufficio".
Il Dottor Cattaneo mi sorrise e mi accompagnò alla porta: -Vedrai che si aggiusterà in bene!-
Invece la vicenda prese subito la piega sbagliata e i miei
colleghi non persero tempo a chiudermi in un cerchio di
disprezzo, senza avere dubbi.
Il loro silenzio mi accusava più di qualsiasi biasimo: parlavo già con poche persone, essendo un po' misantropo e così ne soffrii poco.
Silvia replicò alle mie lamentele: -Ognuno ha quello che si merita! In fondo l'hai voluto tu. Sapevi che qui fanno cadere sugli altri le proprie responsabilità e tu hai lasciato che ti mettessero in trappola!-
Ella era l'unica che riconosceva la mia innocenza e mi
rinfacciava di essere un ingenuo.
Ero esasperato, volevo chiudere con le "cartacce" e con gli apatici miei colleghi.
Non avevo prospettive, ma l'idea di avere un avvenire incerto tanto mi spaventava quanto mi esaltava: l'ufficio era stato la tomba dei miei sogni di viaggi in paesi lontani e affascinanti.
Ora tutto nella mia mente era tornato possibile: avventure e anche disgrazie mi sarebbero capitate nel futuro, ma non un destino da impiegatuccio.
Ero appena rinato e stavo immaginando viaggi in India, percependo già i suoi "profumi", quando ricevetti un telegramma da parte della casa editrice "Alfiere Nero".
Inseguendo i miei sogni di successo, nei quali non credevo molto, le avevo spedito, poi dimenticandolo, un mio racconto ed essa mi invitava a un colloquio nella propria sede.
La fantasia era diventata realtà, un nuovo mondo colorato si spalancava davanti a me.
Con la gioia che mi scoppiava dentro non rimasi in casa, avevo bisogno di uscire e parlare da solo ad alta voce, come un pazzo: -Hai visto Angelo! Sei riuscito nei tuoi intenti! Cinque anni di ufficio sono finalmente conclusi, basta con l'obbedienza e con la paura nei capi!-
La gente mi guardava allibita, ma nella mia esuberanza nulla mi importava.
Telefonai a Silvia: -Ciao! Fra tante brutte notizie finalmente una buona! Vedrai che riuscirò a fare strada!-
Lei smorzò ogni mio entusiasmo, poi non si limitò alle solite parole di disappunto: -Io no ho mai dubitato delle tue capacità: ora rimani calmo e non crederti un genio! Non fantasticare! Se funzionerà sarà meglio per te!-
La sua freddezza mi riportava sempre in un angusto realismo.
Ormai ero già un po' deluso: telefonai ugualmente al capo
redattore di "Alfiere Nero".
-D'accordo! Giovedì alle 16, sarò puntuale!-
Sul treno il mio piccolo sogno si dissolveva, a mano a mano che mi avvicinavo.
Il puzzo della periferia industriale mi preannunciava quel
panorama privo di brio dei grandi edifici di pochi anni e già coperti di fuliggine, delle insegne pubblicitarie, delle lunghe recenti fabbriche e di vecchie fonderie abbandonate.
Nessuno è totalmente padrone dei suoi pensieri e quell'amaro sapore che ha la realtà divenne sostanza nelle mia mente.
Attraversai questa maledetta Milano nel suo caos, che lascia spesso allibito un povero provinciale come me. Scoprii il suo aspetto peggiore, con il suo flusso intenso di vita e negli angoli della metropolitana l'odore, lo sporco, tra giovani arabi e zingari mendicanti.
Quando fui presentato al capo redattore non mi attendevo nulla di straordinario: -Si accomodi! Dunque lei è?.....-
-Rodari, Rodari Angelo, quello del....-
-AH! Certo! No, non tema, non l'avevo scordato! Il suo lavoro è ottimo, con qualche modifica sarà perfetto!-
Egli mi riconsegnò il mio racconto con l'obbligo di un quasi completo rifacimento e forse, più avanti, lo avrebbe preso in considerazione.
Il Dottor Cattaneo, la mattina del giorno successivo, mi chiamò sorridente nel suo ufficio.
-Bene Rodari! Lei può star tranquillo! Finalmente è stata
appurata la sua completa estraneità, d'altra parte qui nessuno ne dubitava!-
Mi accompagnò sino alla porta dell'archivio, battendomi piano la mano sulla spalla: -Hai visto! Chi lavora onestamente alla fine non ha problemi!-
Io tentai di sorridergli, ma feci una triste smorfia.
Lo abbandonai senza dire una parola e ripresi il mio lavoro: lettere da scrivere a macchina, carte da riordinare e verbali da completare.
Io avevo vissuto sino ad allora nella luce della fantasia e
credevo che nessun burosauro mi avrebbe sconfitto.
Quello che era avvenuto in quella settimana era concluso e io riprendevo la mia solita attività, ma dentro di me si era
frantumato qualcosa: non ero più invincibile.
Mi potevo scacciare ingiustamente dal mio lavoro e gettare nella periferia, tra i rottami e nel fumo delle ciminiere.
I miei viaggi, mille volte invano progettati, si erano dissolti nel nulla.
-Ciao Silvia! Hai visto che tutto si è risolto!-
-Sono contenta per te!-
Quella sua indifferenza, che usava solo con me, mi raggelò, la verità dei suoi sentimenti nei miei confronti mi fu chiara: ella non provava nulla per me.
Fughe, amore e velleità letterarie erano apparse davanti ai miei occhi: parevano solide, ma erano svanite al primo impatto.
Abbandonai le mie speranze e vissi alla giornata.
Da allora fui bene accetto ai miei colleghi e i loro interessi furono i miei.
Oggi attendo la domenica per la partita dalla mia squadra, discuto con loro di belle donne, di motori, di gran premi automobilistici e non desidero nient'altro.



RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”

Scritto da Arduino Rossi

Morpheo editore
– Narrativa

http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm