ESILIATO
DAL CIMITERO
La
signora Severina aveva sofferto molto durante la vita, ma si era
conservata gioiosa come una ragazza: scherzava con me e il suo grosso
corpo sussultava per le sue risate squillanti.
Però
un giorno richiesi di raccontarmi una leggenda del paese, beffando
l'ingenuità dei montanari; ella si offese e mi disse:
-I
nostri vecchi vedevano veramente gli spiriti e non bisogna deridere
la loro buona fede!-
La
donnona si accomodò sullo sgabello e mi scrutò, poi mi narrò
questa storia con espressione assorta: -Quando mio padre era giovane
in paese, a Santa Brigida, c'era Michele, un eretico: non andava mai
alla Santa Messa e alla dottrina; sparlava dei preti e dei Santi, si
vantava delle sue bravate.
Insomma
disprezzava la religione e i suoi santi simboli: bestemmiava furente
tutte le volte che incontrava quel buonuomo
del
parroco, che scuoteva il capo sconfortato e allungava il passo,
fingendo di non udirlo.
Dal
pulpito avvisava i fedeli del pericolo di aver in paese un
miscredente di quella razza e invitava a pregare il Signore con più
devozione.
Le
punizioni del Cielo non si fecero attendere e colpirono l'intero
paese: i raccolti vennero danneggiati, il bestiame si ammalò e la
fame entrò in molte case.
Michele
non si preoccupava della carestia, perché racimolava sempre qualcosa
per vivere: era un esperto erborista e praticava la negromanzia a
pagamento.
In
alcune situazioni i montanari avevano bisogno della sua esperienza
per gli ammalati, perché le prestazioni del farmacista erano troppo
costose e poco efficaci.
La
maggioranza della gente si accontentava di qualche intruglio contro
il malocchio e le malattie, ma qualcuno perfido gli chiedeva anche
fatture maligne.
In
quegli anni in paese ci furono alcune morti misteriose: giovani nel
pieno delle forze e bambini vivaci morirono improvvisamente.
L'eretico
era un gran bevitore e trascorreva quasi tutta la giornata
all'osteria.
Era
circuita da una masnada di perditempo e li divertiva coi suoi
sarcastici racconti: insinuava le più ingiuste calunnie nei
confronti dei benefattori del paese e la sua volgarità non
risparmiava le virtù delle donne per bene.
Durante
una sbornia cadde agonizzante.
Il
parroco fu avvisato prontamente e sperò di far ravvedere quell'anima
nera: gli parlò con dolcezza e gli preannunciò la dannazione sicura
se non si fosse pentito.
Michele
in coma non rispose: fissava l'ostensorio quasi incantato.
Già
la gente stava gridando al miracolo e si stava inginocchiando
commossa, quando quel diavolo di eretico volle essere coerente sino
alla fine alla sua personalità perversa: riprese colore e l'astio
gli ridette la forza da spaventare il timido prete, che fuggì con
gli oggetti sacri stretti fra le braccia.
Il
moribondo maledisse l'intero paese e la sua onestà: stremato da
quell'ultima sfuriata si spense con ghigno diabolico, rantolando e
irrigidendosi nello sforzo dell'ultimo respiro.
Nonostante
tutto, il parroco gli concesse un funerale cristiano e nella sua
omelia parlò del perdono e disse: -Non giudicate!-
Il
morto fu deposto nella terra consacrata.
Tutti
protestarono per quel sacrilegio: un negromante non poteva essere
sepolto accanto alle persone timorate di Dio.
Nella
notte il suo cadavere fu visto camminare tra le tombe.
Pareva
un misero demente: sbandava tra le lapidi, cercando un varco nel muro
di cinta, o disperato allungava le braccia fuori dal cancello,
invocando aiuto.
I
primi testimoni non furono creduti, perché erano due ubriaconi, in
seguito altre credibili persone videro l'eretico tentare di
scavalcare il cancello; con una smorfia di dolore, egli lanciava
angosciati lamenti.
Perché
- spiegò Severina - i dannati sepolti in terra consacrata subiscono
all'Inferno doppi tormenti e cercano di far traslare le loro salme
fuori dal recinto sacro.
Il
parroco benedì invano il cadavere, ma continuarono le fughe notturne
del negromante.
Contro
quel genere di peccatore un povero prete di montagna, nonostante le
sue preghiere esorcistiche, era impotente.
Allora
si chiuse a riflettere in canonica, camminando avanti e indietro,
come un orso in gabbia, sfiduciato perché non sapeva riportare la
tranquillità in paese.
Finalmente
un vescovo esperto di esorcismi, abituato a tutti quegli orrori,
giunse dalla città.
Affrontò
risoluto il morto e gli si avvicinò a pochi metri: gli ordinò di
rientrare nella fossa e di non disturbare i buoni cristiani.
Grazie
a Dio, l'eretico si sottomise a quell'uomo della chiesa e da allora
non si fece più sentire.
Il
mattino dopo suonarono le campane a festa e tutti i compaesani
si
riunirono alla Messa prima per ascoltare la predica di quel vescovo
così severo e solenne.-
Quando
ella ebbe terminato io fui rapito dalla sua ferma convinzione e
rabbrividii: la mia incredulità era stata sconfitta.
racconto di Arduino Rossi