11 set 2012

storie di fantasmi ..... L'ISOLA TRA I CANNETI








L'ISOLA TRA I CANNETI

I salici piangenti riversavano le loro foglie nell'acqua paludosa. La barca scivolava appena sulla superficie dello scuro lago: il luogo dove i due fiumi terminavano e si perdevano nella pianura, tra serpenti, molli terreni umidi, pantano, arbusti spinosi.
L'unico tratto solido, che si ergeva sopra quel piatto panorama lacustre era l'isola dei canneti: una montagnola coperta da alberi secolari che alzavano le braccia contro un cielo sempre plumbeo. Il pescatore ormai era rassegnato: c'erano costati molti sforzi per convincerlo a traghettarci sino all'isola.
Non era una questione di denaro, non volle neppure il dovuto:
-Non posso essere pagato da chi sta per morire!-
Era un vecchio superstizioso: era certo che quella fosse l'isola dei venti delle tenebre, degli antichi sussurri dal fondo del lago, dove, si dice, un tempo si gettassero i cadaveri dei nemici.
Le leggende raccontavano che talvolta gli spettri uscissero e tagliassero l'aria con sibili acutissimi. Narravano di battaglie feroci tra i montanari e gli abitanti della pianura: i primi scendevano a saccheggiare, i secondi cercavano di difendere i loro villaggi. I morti e i moribondi finivano inghiottiti dalle sabbie mobili, dal fango denso di quella palude, chiamata lago solo per l'orgoglio della gente: vedevano in quella mota ripugnante la propria terra di cui andar fieri.
Sui libri e sui documenti antichi non si riferiva di questi combattimenti feroci e crudeli: di capi tanto sadici da far affogare i vinti nell'acqua putrida, di guerrieri fatti a pezzi e gettati ai porci. Noi invece eravamo certi che qualcosa di vero ci fosse stato: il ritrovamento di qualche vaso di terra cotta, di monete d'oro sconosciute, di iscrizioni sulle rare pietre, ci avevano fatto intestardire.
Le nostre convinzioni si erano radicate benché i grandi esperti di archeologia ci avevano deriso: non poteva esserci stata una battaglia campale in un luogo così lontano dalle principali vie di comunicazioni, tra paludi da sempre poco abitate. Non c'era motivo: gli eserciti più potenti del passato difficilmente si sarebbero confrontati nel lercio di una palude distante dalle grandi città, dai punti strategici.
L'isola tra i canneti doveva contenere qualche grosso segreto: forse la tomba di un capo, o i cumuli dei caduti tra i vincitori. Il pescatore ficcò il lungo remo dentro il fango e legò la barca: ci aiutò a scendere sulla stretta spiaggia.
Ci guardò scuotendo il capo. Si allontanò verso il sole del tramonto, muovendo con sicurezza il lungo remo, andandosene come in un sogno, come un Caronte gigantesco che sfugge tra gli umori bassi dell'orizzonte sfocato.
Eravamo finalmente soli, con le nostre attrezzature, la tenda e i viveri per tre settimane. Volevamo restare lì il più possibile, anche mesi: il pescatore ci avrebbe portato viveri freschi ogni settimana e noi non avremmo sospeso i nostri scavi.
Era una questione di prestigio, d'onore: quella doveva essere la più importante scoperta archeologica dell'anno.
Anna, mia moglie, fece il primo giro di perlustrazione dell'isola, mentre io montai la tenda. Lei tornò entusiasta: -Sono certa! Questa non è un cumulo naturale di sedimenti, ma un ammasso di terriccio, o altro, creato apposta dall'uomo!-
Non volli contraddirla, benché dubitassi che centinaia di servi o di prigionieri di guerra avessero potuto fare un lavoro simile: nella regione non c'erano opere di tale dimensione. Sarebbe stato un'enorme monumento funebre, troppo grande per le popolazioni dell'epoca.
Dormimmo tranquillamente, avevamo tutto contro le zanzare.
Di spettri nemmeno un flebile sussurro: quegli sciocchi degli abitanti della palude erano sicuramente dei visionari, forse per le febbri malariche.
La ricerca partì da una pietra con diverse iscrizioni incomprensibili. Cercammo di interpretare la forma dell'isola e individuare dove fosse stata collocata l'apertura dell'eventuale mausoleo, della cui esistenza Anna era certa: -Non capisci nulla! Non vedi che non ci sono altri depositi di sedimenti nella zona.-
Decidemmo di fare i primi scavi: la terra era molle come il burro e fu facile scendere per alcuni metri nel terreno.
Non trovammo niente e il terzo giorno ero deciso a rinunciare a quel lavoro che si dimostrava totalmente infruttuoso.
Fu la notte successiva invece che la faccenda prese una strana svolta: fui svegliato dal verso di un animale ferito, non compresi di che specie fosse.
Mi rigirai nella mia brandina senza poter riprendere sonno, allora decisi di uscire e respirare un po' di aria fresca: avevo caldo, mi mancava l'aria.
Udii diversi versi nella notte, piccole bestie strisciavano, altre gracidavano: la natura era nel pieno del suo vigore.
C'era un vento tiepido e fetido, c'erano poche stelle in cielo.
Era tutto tranquillo, ma io mi sentivo osservato: ero certo che mille occhi mi fissassero ed erano sguardi cattivi di esseri feroci. Anna dormiva tranquilla e non volli svegliarla, ma non ne potei più: avanzai nella macchia per alcuni metri sino a quando notai una luce, c'era qualcuno.
Dedussi che fossero dei cacciatori rifugiatisi tra i canneti per la notte, in attesa della selvaggina.
Dopo un po' quel bagliore iniziò a diventare più intenso: salii sino alla lapide iscritta, da dove pare avesse origine. Quando arrivai non c'era più nulla, ma mi accorsi per la prima volta, pur essendo buio, che la pietra si poteva muovere facilmente: bastava una spinta decisa.
La spostai e vi trovai una cunicolo scavato dall'uomo, che scendeva con gradini ancora percorribili. Non attesi l'alba e mi avventurai dentro con la mia torcia: quella era sicuramente una tomba e lì avevano deposto un guerriero valoroso o un capo. Infatti scorsi il sarcofago perfettamente sigillato, attrezzi di pietra e i resti di armi di ferro, il cui segno arrugginito era ancora presente sulle pareti.
Avevamo vinto! Io e Anna avevamo finalmente fatto una grande scoperta. Uscii ansimando e corsi alla tenda. Lei dormiva ancora, la svegliai: -Cara! Ho trovato una sepoltura!- -Claudio, sei impazzito? Avrai sognato!-La scossi e la costrinsi a levarsi: le narrai come la fortuna mi avesse aiutato e insieme ci inerpicammo
sino alla vetta del cumulo. Con le nostre torce potemmo notare anche i resti di pitture murali con guerrieri vincitori, prigionieri e fiamme. Anna era confusa, non pareva soddisfatta: -Siamo certi che ci conviene rimanere qua, per di più di notte?-
-Ti lasci influenzare? Stai diventando superstiziosa come questi
rozzi abitanti dei canneti?-
-Ascolta! C'è qualcuno qui vicino. Senti questi fruscii!-
Anna era veramente molto stanca: quelli erano i soliti rumori della notte che la fantasia amplificava.
Io non persi tempo e mi accanii sul sarcofago: avevo uno scalpello e un martello. Non andai tanto per il sottile, cercai di far saltare il coperchio: non era un metodo professionale, ma la fretta di scoprire il segreto di quella magnifica, unica,
scoperta archeologica mi aveva fatto perdere il buon senso. Anna strillò: -Fermati, disgraziato! Ci stanno sentendo, stanno giungendo!-
Qualcosa non andava nella mente di mia moglie: gli anni di studi e di scavi avevano lasciato in lei il segno: forse era uscita di senno e io non me ne ero accorto in tempo.
Comunque avevamo bisogno di riposo tutte e due: eravamo esausti.
Lei mi si strinse alle spalle, era disperata: -Caro! Andiamocene subito! Non dobbiamo svelare questo segreto o sarà peggio per noi!-
-Calmati! Va tutto bene! Hai bisogno di una lunga vacanza e basta.-
A quel punto mi accorsi che attorno a noi c'era qualcosa di cattivo, di feroce: mille occhi brillavano nella caverna e udii il sogghigno di molti esseri. Erano loro! I guerrieri che erano stati posti a difesa della tomba del capo, sacrificati perla gloria del più grande condottiero del loro popolo.
Provai schifo e terrore: erano entità ripugnanti e malsane, assetate di putridume e sangue. Non le vedevo, non le sentivo, ma c'erano ed ero certo che per me e Anna non esisteva più salvezza. Infatti il sarcofago iniziò a scricchiolare. Lui, il magnifico Signore delle genti delle paludi, il perfido torturatore, il maligno, il sanguinario, il vincitore di mille battaglie, morto per un traditore, si stava alzando per darci il suo particolare benvenuto.

-I cadaveri dei due archeologi dilettanti, Claudio e Anna Fillì, sono stati ritrovati da due cacciatori nel pantano della palude del morto, luogo dove altre persone in passato anno perso la vita.
Si è convinti che un maniaco colpisce chi si azzarda a sostare sull'isola del guerriero, approfittandosene dei timori superstiziosi della popolazione locale. La gente del posto è certa che le anime dannate degli antichi guerrieri della palude aggrediscono i forestieri e li gettino nel fango con un sigillo stretto tra le dita: è l'antico simbolo dei guerrieri dei pantani, che un tempo infestavano le rive del lago.-


racconto di Arduino Rossi