11 set 2012

storie di fantasmi vere ...... LA CALMA








LA CALMA

Il vicino era da tempo assente: non si vedeva né si udivano le sue urla bestiali.
La pace nel palazzo era tornata, ma non si spiegava questo mutamento nell'inquilino del terzo piano: uno scapolo, alto, grigio, nervoso.
Aveva il vizio di pretendere il rispetto delle regole condominiali siano all'assurdo: le scale dovevano essere sempre lucide, non una voce si doveva udire nell'atrio comune, il giardinetto doveva essere curato e non un filo d'erba poteva essere colto.
Era un ossessionato dalle regole e dalla precisione.
La gente diceva che fosse pazzo e probabilmente lo era: la sua personalità autoritaria, il carattere deciso i modi bruschi lo rendevano intrattabile.
Contro di lui non c'era nulla da fare: conoscevo il regolarmente condominiale a memoria e tantissime norme del codice civile.
Era proprio impossibile cercare di avere ragione contro lui: minacciava di querelare e spesso lo faceva.
C'erano state decine di cause, tutte vinte dal suo avvocato, un uomo tanto cinico, quanto intelligente.
Contro di lui si erano scagliate le maledizioni, gli insulti alle spalle, ma resisteva anche al malocchio.
Le liti e i "dibattiti" sulle scale, tra voci acute e basse, gesticolare di donne e di vecchi sudati terminavano sempre: -Ci
vedremo in tribunale!-
Ormai più nessuno rischiava una causa contro di lui: si ritiravano in buon ordine e lui otteneva ciò che voleva.
Quella sua assenza rendeva i condomini preoccupati: forse si prospettava una delle sue iniziative legali.
Invece trascorse un mese, si era nel caldo dell'estate: si risolse la questione con la convinzione, suffragato dai soliti testimoni di dubbia affidabilità, che fosse andato a casa sua, al mare, finalmente per prendersi una vacanza.
Poi il fetore si fece sentire e sul pianerottolo era impossibile transitare senza proteggersi la bocca e il naso.
Fu necessario chiamare la polizia, i vigili del fuoco, la croce Rossa.
La porta fu abbattuta.
Carlis fu trovato morto, già in decomposizione: era stato un omicidio, perché furono rinvenuti ferite mortali sul cadavere e ossa frantumate.
Le indagini proseguirono per mesi, ma fu tutto vano: il Signor Carlis era troppo antipatico, troppo odiato.
Tutti i vicini, i colleghi, pure qualche parente avevano motivi per assassinarlo.
Non si parlò altro per mesi e mesi, poi lentamente tutto fu dimenticato: l'oblio stava coprendo tutto e la gente viveva in pace.
L'appartamento andò a un cugino lontano: lo vendette, con i suoi mobili, senza nemmeno vedere dove abitava il suo parente.
La casa fu di nuovo abitata, ancora da un impiegato e ancora scapolo: era un ometto riservato, cortese, simpatico.
Se ne andò senza motivo dopo pochi giorni, così ben presto altri giunsero e se ne andarono senza spiegare cosa li facesse fuggire.
Alla fine l'appartamento rimase vuoto e le prime voci seguirono i sospetti dei più fantasiosi.
Gli ultimi inquilini l'avevano ammesso: era impossibile dormire in quella casa.
Si disse che rumori e voci la rendevano tetra, qualcuno insinuò che il fantasma di Carlis vi si aggirava.
I benpensanti risero di tali discorsi, ma alla sera più nessuno osava stanziare davanti alla porta dell'appartamento maledetto.
La paura era molta e qualcuno, a bassa voce, disse di averlo rivisto davanti all'uscio di casa sua.
Questa apparizione fu notata da molti e fu data veritiera.
Qualcuno si decise e interrogò lo spettro: -Che vuoi ancora?-
-Sto cercando il mio assassino, deve raggiungermi, dove sono ora!-
Infatti da tempo il geometra Cavalli non usciva più alla sera: un tempo era un nottambulo incallito, con una vita privata disordinata.
Era stato un nemico di Carlis per futili questioni condominiali, ma anche per rivalità in campo sentimentale.
Questi erano moventi che altri avevano, ma Cavalli era un uomo
focoso e vendicativo.
Il tempo passava e pure del fantasma non si parlò più, era diventato un abitante ovvio del condominio: ormai le sue apparizioni erano alterne e più nessuno interrogava questa presenza.
Un giorno di disperazione per i debiti di gioco, le malattie veneree che lo divoravano per le donne, che lo avevano lasciato, Cavalli si tolse la vita: lo trovarono accanto al suo letto,
appeso al lampadario di cristallo.
Sotto di lui c'erano tutte le fotografie bruciate, delle sue amanti.
Ci fu un'inchiesta rapida, condotta senza impegno da un ispettore novello.
Il caso fu chiuso, anche se nelle tasche di Cavalli fu trovata una strana fotografia ingiallita dal tempo: c'era già il cadavere del suicida con accanto una figura luminosa, ghignante e indifferente alla tragedia, rassomigliante a Carlis, secondo qualche testimone.
Quella raffigurazione fu giudicata un fotomontaggio, usata apposta per far saltare i nervi a Cavalli da qualche suo nemico.
La ricerca del responsabile dell'istigazione al suicidio non fu rintracciato.
Gli inquilini non resistettero nella casa dell'impiccato e presto rimase sfitta: i sussurri notturni e le veloci visioni nella notte proseguirono.

racconto di Arduino Rossi