LA CALMA
Il vicino era da tempo
assente: non si vedeva né si udivano le sue urla bestiali.
La pace nel palazzo
era tornata, ma non si spiegava questo mutamento nell'inquilino del
terzo piano: uno scapolo, alto, grigio, nervoso.
Aveva il vizio di
pretendere il rispetto delle regole condominiali siano all'assurdo:
le scale dovevano essere sempre lucide, non una voce si doveva udire
nell'atrio comune, il giardinetto doveva essere curato e non un filo
d'erba poteva essere colto.
Era un ossessionato
dalle regole e dalla precisione.
La gente diceva che
fosse pazzo e probabilmente lo era: la sua personalità autoritaria,
il carattere deciso i modi bruschi lo rendevano intrattabile.
Contro di lui non
c'era nulla da fare: conoscevo il regolarmente condominiale a memoria
e tantissime norme del codice civile.
Era proprio
impossibile cercare di avere ragione contro lui: minacciava di
querelare e spesso lo faceva.
C'erano state decine
di cause, tutte vinte dal suo avvocato, un uomo tanto cinico, quanto
intelligente.
Contro di lui si erano
scagliate le maledizioni, gli insulti alle spalle, ma resisteva anche
al malocchio.
Le liti e i
"dibattiti" sulle scale, tra voci acute e basse,
gesticolare di donne e di vecchi sudati terminavano sempre: -Ci
vedremo in tribunale!-
Ormai più nessuno
rischiava una causa contro di lui: si ritiravano in buon ordine e lui
otteneva ciò che voleva.
Quella sua assenza
rendeva i condomini preoccupati: forse si prospettava una delle sue
iniziative legali.
Invece trascorse un
mese, si era nel caldo dell'estate: si risolse la questione con la
convinzione, suffragato dai soliti testimoni di dubbia affidabilità,
che fosse andato a casa sua, al mare, finalmente per prendersi una
vacanza.
Poi il fetore si fece
sentire e sul pianerottolo era impossibile transitare senza
proteggersi la bocca e il naso.
Fu necessario chiamare
la polizia, i vigili del fuoco, la croce Rossa.
La porta fu abbattuta.
Carlis fu trovato
morto, già in decomposizione: era stato un omicidio, perché furono
rinvenuti ferite mortali sul cadavere e ossa frantumate.
Le indagini
proseguirono per mesi, ma fu tutto vano: il Signor Carlis era troppo
antipatico, troppo odiato.
Tutti i vicini, i
colleghi, pure qualche parente avevano motivi per assassinarlo.
Non si parlò altro
per mesi e mesi, poi lentamente tutto fu dimenticato: l'oblio stava
coprendo tutto e la gente viveva in pace.
L'appartamento andò a
un cugino lontano: lo vendette, con i suoi mobili, senza nemmeno
vedere dove abitava il suo parente.
La casa fu di nuovo
abitata, ancora da un impiegato e ancora scapolo: era un ometto
riservato, cortese, simpatico.
Se ne andò senza
motivo dopo pochi giorni, così ben presto altri giunsero e se ne
andarono senza spiegare cosa li facesse fuggire.
Alla fine
l'appartamento rimase vuoto e le prime voci seguirono i sospetti dei
più fantasiosi.
Gli ultimi inquilini
l'avevano ammesso: era impossibile dormire in quella casa.
Si disse che rumori e
voci la rendevano tetra, qualcuno insinuò che il fantasma di Carlis
vi si aggirava.
I benpensanti risero
di tali discorsi, ma alla sera più nessuno osava stanziare davanti
alla porta dell'appartamento maledetto.
La paura era molta e
qualcuno, a bassa voce, disse di averlo rivisto davanti all'uscio di
casa sua.
Questa apparizione fu
notata da molti e fu data veritiera.
Qualcuno si decise e
interrogò lo spettro: -Che vuoi ancora?-
-Sto cercando il mio
assassino, deve raggiungermi, dove sono ora!-
Infatti da tempo il
geometra Cavalli non usciva più alla sera: un tempo era un
nottambulo incallito, con una vita privata disordinata.
Era stato un nemico di
Carlis per futili questioni condominiali, ma anche per rivalità in
campo sentimentale.
Questi erano moventi
che altri avevano, ma Cavalli era un uomo
focoso e vendicativo.
Il tempo passava e
pure del fantasma non si parlò più, era diventato un abitante ovvio
del condominio: ormai le sue apparizioni erano alterne e più nessuno
interrogava questa presenza.
Un giorno di
disperazione per i debiti di gioco, le malattie veneree che lo
divoravano per le donne, che lo avevano lasciato, Cavalli si tolse la
vita: lo trovarono accanto al suo letto,
appeso al lampadario
di cristallo.
Sotto di lui c'erano
tutte le fotografie bruciate, delle sue amanti.
Ci fu un'inchiesta
rapida, condotta senza impegno da un ispettore novello.
Il caso fu chiuso,
anche se nelle tasche di Cavalli fu trovata una strana fotografia
ingiallita dal tempo: c'era già il cadavere del suicida con accanto
una figura luminosa, ghignante e indifferente alla tragedia,
rassomigliante a Carlis, secondo qualche testimone.
Quella raffigurazione
fu giudicata un fotomontaggio, usata apposta per far saltare i nervi
a Cavalli da qualche suo nemico.
La ricerca del
responsabile dell'istigazione al suicidio non fu rintracciato.
Gli inquilini non
resistettero nella casa dell'impiccato e presto rimase sfitta: i
sussurri notturni e le veloci visioni nella notte proseguirono.
racconto di Arduino Rossi
racconto di Arduino Rossi