10 set 2012

veri fantasmi . .. IL VOLO










IL VOLO

Cercavo da sempre di librarmi sopra i miei pensieri tetri: immaginavo la fortuna degli esseri alati, visibili e non visibili, che possono veleggiare tra nubi e sogni, tra cieli azzurri e silenzi impenetrabili.
La mia testa invece era sempre colma di paure, di angosce per il futuro, per le persone care,
per le mie cose, i miei oggetti, i miei animali.
Ero schiavo di questa esistenza materiale, mortale, volubile, passeggera: soffrivo per la morte di un mio cane, per lo smarrimento di un oggetto, per l'allontanarsi da me delle persone care o appena conosciute.
Chiunque entrava sotto la mia osservazione era importante per me, anche se costui non mi conosceva neppure: mi piaceva interessarmi delle faccende private altrui, dei loro fatti, soffrivo per i loro guai, i loro lutti.
Speravo con loro e piangevo con loro, senza che nessuno si accorgesse del matto della casa vecchia: così ero chiamato in paese perché non mi allontanavo mai dalla mia casupola, dai mie orti, dalle mie quattro capre e dieci galline.
Ero un ottimo osservatore: riuscivo a capire eventi, prevedere guai o buone novità dai loro atteggiamenti.
Ero sensibilissimo ai patimenti altrui e così scordavo la mia condizione da solitario, quasi da uomo selvatico.
Gli anni passavano e con essi anche le stagioni della vita, con i funerali e le nascite, con gli sposalizi e le fughe d'amore.
Le generazioni si susseguivano e io restavo lì, vecchissimo, ma anche sempre pronto a desiderare il bene di tutti. Volare, ecco il mio sogno! Come sarebbe stato Bello alzarsi nell'aria e sovrastare le loro meschinità, certo che tutto sarebbe andato per il verso giusto, come solo gli angeli sanno, Lui non era un essere celestiale, ma neppure infernale: era una di quelle entità che stanno sulla terra anche quando il loro tempo è scaduto. Non vogliono abbandonare il mondo degli umani, pur dovendo andarsene: riescono a mantenersi in una condizione di non morte e di non vita, per secoli.
Lui era stato come me, un povero folle in vita e come me, aveva desiderato volare sopra tutto e sopra tutti.
Era come gli angeli della chiesa, ma il volto era scuro, con due grandi rughe che gli tagliavano il sorriso, rendendolo di perenne
espressione triste. Mi disse: -Vuoi volare? Allora vieni con me!-
Mi condusse sopra il mio villaggio in quella notte di gennaio: tutto era calmo e la gente dormiva. Forse stavo sognando, ma quel sogno si prolungò sino all'alba e dopo giunse ancora il tramonto. Ero in alto, sopra le nuvole: potevo vedere il mondo in
basso. Non provavo più dolori, né ansie: non ero felice, ma neppure infelice.
Alla fine l'essere alato mi lasciò le mani e precipitai: il risveglio fu immediato, ma quello non era stato il solito risveglio. Nella mia casa c'erano altre persone. Mi rivolsi a loro, ma fu inutile, non mi vedevano e non mi ascoltavano: urlai la mia rabbia contro gli invasori.
Tentai di scacciarli con la forza, ma loro percepirono solo un soffio d'aria fredda. L'essere alato rise alle mie spalle: -Non hai compreso ancora? Ora sei come me e puoi sovrastare i mortali nei secoli: conoscerai le generazioni che svaniscono e si rigenerano, vedrai le gioie e dolori, assisterai al passaggio dalla vita alla morte.
Solo tu, come me, non potrai assaporare l'eterno immobilismo dell'Aldilà, il perpetuo esistere.-Questo mio patire non so dove mi avrebbe condotto, ma certamente ero il testimone silenzioso e muto di epoche. Sapevo e non potevo intervenire, come in vita, quando avrei dovuto essere di aiuto ai miei simili e non lo fui. Continuo ad elevarmi sino alle nubi più alte e precipitare verso la terra, dove posso navigare nel sonno dei mortali, raccontando del passato e del futuro, prevenendo i mali.

racconto di Arduino Rossi