IL VOLO
Cercavo da sempre di
librarmi sopra i miei pensieri tetri: immaginavo la fortuna degli
esseri alati, visibili e non visibili, che possono veleggiare tra
nubi e sogni, tra cieli azzurri e silenzi impenetrabili.
La mia testa invece
era sempre colma di paure, di angosce per il futuro, per le persone
care,
per le mie cose, i
miei oggetti, i miei animali.
Ero schiavo di questa
esistenza materiale, mortale, volubile, passeggera: soffrivo per la
morte di un mio cane, per lo smarrimento di un oggetto, per
l'allontanarsi da me delle persone care o appena conosciute.
Chiunque entrava sotto
la mia osservazione era importante per me, anche se costui non mi
conosceva neppure: mi piaceva interessarmi delle faccende private
altrui, dei loro fatti, soffrivo per i loro guai, i loro lutti.
Speravo con loro e
piangevo con loro, senza che nessuno si accorgesse del matto della
casa vecchia: così ero chiamato in paese perché non mi allontanavo
mai dalla mia casupola, dai mie orti, dalle mie quattro capre e dieci
galline.
Ero un ottimo
osservatore: riuscivo a capire eventi, prevedere guai o buone novità
dai loro atteggiamenti.
Ero sensibilissimo ai
patimenti altrui e così scordavo la mia condizione da solitario,
quasi da uomo selvatico.
Gli anni passavano e
con essi anche le stagioni della vita, con i funerali e le nascite,
con gli sposalizi e le fughe d'amore.
Le generazioni si
susseguivano e io restavo lì, vecchissimo, ma anche sempre pronto a
desiderare il bene di tutti. Volare, ecco il mio sogno! Come sarebbe
stato Bello alzarsi nell'aria e sovrastare le loro meschinità, certo
che tutto sarebbe andato per il verso giusto, come solo gli angeli
sanno, Lui non era un essere celestiale, ma neppure infernale: era
una di quelle entità che stanno sulla terra anche quando il loro
tempo è scaduto. Non vogliono abbandonare il mondo degli umani, pur
dovendo andarsene: riescono a mantenersi in una condizione di non
morte e di non vita, per secoli.
Lui era stato come me,
un povero folle in vita e come me, aveva desiderato volare sopra
tutto e sopra tutti.
Era come gli angeli
della chiesa, ma il volto era scuro, con due grandi rughe che gli
tagliavano il sorriso, rendendolo di perenne
espressione triste. Mi
disse: -Vuoi volare? Allora vieni con me!-
Mi condusse sopra il
mio villaggio in quella notte di gennaio: tutto era calmo e la gente
dormiva. Forse stavo sognando, ma quel sogno si prolungò sino
all'alba e dopo giunse ancora il tramonto. Ero in alto, sopra le
nuvole: potevo vedere il mondo in
basso. Non provavo più
dolori, né ansie: non ero felice, ma neppure infelice.
Alla fine l'essere
alato mi lasciò le mani e precipitai: il risveglio fu immediato, ma
quello non era stato il solito risveglio. Nella mia casa c'erano
altre persone. Mi rivolsi a loro, ma fu inutile, non mi vedevano e
non mi ascoltavano: urlai la mia rabbia contro gli invasori.
Tentai di scacciarli
con la forza, ma loro percepirono solo un soffio d'aria fredda.
L'essere alato rise alle mie spalle: -Non hai compreso ancora? Ora
sei come me e puoi sovrastare i mortali nei secoli: conoscerai le
generazioni che svaniscono e si rigenerano, vedrai le gioie e dolori,
assisterai al passaggio dalla vita alla morte.
Solo tu, come me, non
potrai assaporare l'eterno immobilismo dell'Aldilà, il perpetuo
esistere.-Questo mio patire non so dove mi avrebbe condotto, ma
certamente ero il testimone silenzioso e muto di epoche. Sapevo e non
potevo intervenire, come in vita, quando avrei dovuto essere di aiuto
ai miei simili e non lo fui. Continuo ad elevarmi sino alle nubi più
alte e precipitare verso la terra, dove posso navigare nel sonno dei
mortali, raccontando del passato e del futuro, prevenendo i mali.
racconto di Arduino Rossi