Visto che i soldi dei contributi pensionistici finiscono a ingrossare il sistema previdenziale nazionale, che alla fine termina tutto sulle spalle dei lavoratori, non si capisce perché non hanno diviso l’assistenzialismo con il sistema pensionistico.
A dire il vero si capisce bene.
Hanno preferito, per ovi motivi economici, addossare tutto o quasi il peso dell’assistenza sui lavoratori, che poi, raggiunta l’età pensionabile, non ci sono più soldi per loro, o così dicono.
In realtà un terzo dei nostri salari finisce, circa, in contributi: se uno guadagna 18 mila euro, 6 mila andranno nei contributi per l’INPS.
Se fossero confluiti in forme di risparmio assistito, in fondi pensione, i lavoratori, dopo 40 anni avrebbero accumulato 240 mila euro di capitale, per il salario di 18 mila euro, che sarebbero cresciuti, all’incirca sino a 500 o 600 mila euro per i profitti su questi soldi, come fanno le assicurazioni, che danno capitale, rendita e assicurazione allo stesso tempo e pure ci guadagnano parecchio pure loro.
Infatti in tanti hanno preferito spingere i lavoratori verso le pensioni private, con rendita, da pagarsi a parte, mentre le pensioni diventano ormai una chimera, sempre più lontana e misera, che sino a oggi, ha assicurato ottimi introiti solo ai soliti boiardi del sistema, a certi sindacalisti e nulla più.
Sì, nessuno ha voluto trasformare questo sistema antiquato in fondi pensioni, passando dal metodo di solidarietà tra generazioni a quello di investimenti e rendita sul capitale depositato con i contributi pensionistici.