Sino a cento anni fa, le epidemie erano consecutive, ogni 50 anni circa, ovvero ogni due generazioni.
Già nell'Ottocento le epidemie non erano particolarmente disastrose, in genere era il colera che colpiva, mentre prima, sino al Seicento, erano le pestilenze.
La popolazione mondiale era di circa 500 milioni di abitanti e le epidemie riducevano di un terzo la popolazione, in modo da mantenere, secondo una logica demografica non scritta, né imposta, un numero di abitanti quasi costante, in modo che le risorse non fossero insufficienti.
Proprio l'indebolirsi della popolazione, dovuto dalla mancanza di cibo, favoriva il diffondersi dei contagi.
L'ultima grande epidemia fu quella del 1917, ovvero la famigerata influenza detta Spagnola, che secondi gli storici, provocò la morte di 80 milioni, sino a 100 milioni di persone: si era nella fase più dura della Prima Guerra Mondiale e il cibo scarseggiava a livello planetario.
Oggi le grandi epidemie sono un ricordo, ma le condizioni ci sono tutte ancora, per un rapido diffondersi planetario di qualche morbo, che troverebbe bassissima resistenza tra i popoli più poveri, denutriti, poi il mondo è tutto connesso e un morbo si diffonderebbe su tutto il pianeta in pochi giorni.
Le cure poi, se si troveranno in tempo, costeranno e i più poveri muoriranno in massa senza che qualche medico possa soccorrerli.
Sono pessimista?
No, conosco la storia e so fare analisi dei potenziali rischi planetari.