Si parla di integrazione, ma per coloro che si riempiono la bocca di questa parola è una questione puramente burocratica: infatti la cittadinanza potrebbe essere, anzi, per il mondo del lavoro lo è, una zavorra per i nuovi arrivati.
Invece l’integrazione è legata al lavoro che uno svolge, come per certi mestieri, informatica al primo posto, che permette agli extracomunitari di inserirsi dove vogliono, in qualunque Paese che desiderano.
E’ questo il problema, gli integrati non creano problemi alla società in cui si insediano, hanno professionalità da vendere bene: se non possiedono queste virtù nessun decreto legge li fa uscire dai loro ghetti, dalle periferie degradate delle megalopoli del Terzo Mondo.
Le ricreano da noi.
Essere un abitante di un ghetto, di una bidonville, di una casba significa essere, in un certo senso, dei condannati a morte: malattie, miseria e sotto alimentazione, con cibi spesso avariati, portà e porterà sempre più epidemie, morie terribili….olocausti.