Pochi sanno che nell’Ottocento il cancro era una malattia rara: è vero che i medici non avevano gli strumenti diagnostici di oggi, che la media di vita era poco superiore ai trent’anni, se calcolati con la mortalità infantile, ma se si calcolava la speranza di vita di chi superava l’infanzia, circa 5 o 6 anni, si arrivava a 38 o a 39 anni di media.
Il cancro si sviluppa per l’80% dopo i 50 anni e resta particolarmente feroce sino ai 70 anni, poi il tasso di mortalità inizia a calare, per il rallentamento del metabolismo degli anziani, che vedono rallentare lo sviluppo del male rispetto alle età più giovanili, ma questo fatto non spiega la rarità di questo male nel secolo romantico, anche perché anziani c’erano anche allora e l’età tra i 50 e i 70 non era deserta.
Quindi la spiegazione del crescere dei tumori sta nell’inquinamento ambientale, la letteratura medica e le ricerche scientifiche lo provano: siamo circondati da sostanze cancerogene e l’acqua, l’aria e il terreno, quindi anche il cibo, sono inquinati da questi prodotti chimici assassini.
Lentamente concentriamo nel nostro organismo queste molecole, ma giustamente gli stili di vita contano e il rischio di ammalarsi diminuisce quasi della metà, se si rispettano tali criteri.
Se si bonificasse l’ambiente, operazione complessa e molto costosa, quante vite salveremmo?