Il suo lodarsi, a fine legislatura, appare un rito solito, ma anche risibile e patetico: il povero conte sessantottino non ha mai scordato le sue radici da democristiano dalla nascita e il suo è stato l’ultimo (speriamo) governo della DC della storia d’Italia.
Come in tutti i casi precedenti i danni sono tanti, troppi, il lavoro è sempre più precario, le banche degli amici hanno visto tappati i loro debiti con i soldi pubblici, che sono stati sottratti ai bisogni dei più poveri.
La fuga dei giovani all’estero è proseguita, anzi, peggiorata, i rapporti viscidi con le posizioni del Partito Radicale da una parte e della Chiesa dall’altra sono rimasti buoni.
Abbiamo una politica dell’accoglienza che favorisce il lavoro nero e l’emarginazione, la criminalità in Italia, mentre abbiamo i campi di concentramento in Libia.
Poi si gioca sporco con la ius soli, che, come certe ragazze facili e smorfiose, pare che si dica: “Vorrei, ma non vorrei.”
Ora non so se questo è stato il peggior governo di sempre di questo Paese, ma certamente è uno dei peggiori in assoluto: la graduatoria la faranno gli storici fra cento anni.