Trenta
e quarant'anni fa gli esperti di demografia profetizzavano un'Italia
super popolata con sessanta o addirittura settanta milioni di
abitanti: sarebbe stato un Paese con tanti bambini e neonati che
avrebbero affollato le strade, come era l'Italia di un tempo, sino
agli anni sessanta.
I
disoccupati sarebbero stati tanti e le difficoltà sociali ancora di
più.
Si
può dire che proprio in quegli anni si è iniziato ad attaccare la
famiglia, così detta, tradizionale: non si aiutavano le famiglie
numerose, ma si favorivano, anche fiscalmente, i gruppi famigliari
piccoli, di due o tre elementi.
Tutta
una legislatura e tutta una cultura tendeva a vedere superata,
anacronistica,, da perdenti, avere tanti figli.
Il
figlio unico, viziato ed esaltato come piccolo genio, futuro
ingegnere, astronauta, medico, avvocato, avrebbe dato la gioia ai
genitori, entusiasti della loro creatura.
I
figli unici spesso sono diventati, con o senza laurea, dei precari e
a trent'anni, talvolta oltre, stanno ancora cercando la loro strada.
Niente
di male se non fosse che difficilmente riusciranno ad ottenere
qualcosa: attendono che le porte si aprano per loro, per diritto di
nascita, come un tempo per i nobili.
Oggi
abbiamo tanti avvocati, medici, anche ingegneri, precari, con poche
prospettive, senza famiglia e senza neppure la gioia di figli
gioiosi, che giocano a pallone nelle strade.