ALBERI
Viveva sopra il villaggio, solo da sempre.
Mi chiamavano ancora Bastardo, benché avessi già ottant'anni.
Mia madre mi aveva lasciato solo dopo alcuni anni di stenti, poi, stanca degli insulti della gente, se ne era andata e non si fece più vedere.
Io non lo ricordo, ma si dice che fosse un stato un uomo di elegante e signorile.
In città sposò una nobile donna, che nulla volle sapere del suo passato.
Crebbi grazie alla carità pubblica e ricevetti scappellotti da tutti: ero il capro espiatorio di tutti i furiosi, gli ubriaconi.
Ben presto dovetti diventare indipendente, guadagnarmi il pane andando nei boschi, raccogliendo legna, funghi, tagliando gli arbusti e le erbacce per quattro soldi.
Pescavo di frodo, rubacchiavo, ma non commettevo nulla di particolarmente grave da meritarmi il carcere.
Fu un incontro con gli sbandati della valle a indirizzare la mia esistenza: mi presero in simpatia e non mi trattarono più da bastardo, che per loro era un titolo di "merito", indicava durezza e determinazione.
Il capo mi concesse la sua stima e fiducia: divenni il suo
luogotenente, capo branco, come lui mi definì.
Era bello razziare il bestiame dei mie compaesani: rubavo, incendiavo e le donne si concedevano di nascosto a me.
Mi amavano per la mia audacia e generosità.
Un giorno capii che era meglio cambiare mestiere e me ne approfittai di un Reale Decreto, che riduceva la pena a pochi mesi di carcere ai briganti che si sarebbero arresi entro Natale Scontai pochi mesi di carcere e per la Pasqua successiva era già a casa.
Mi ero comprato una baita con prati e boschi: lì avevo nascosto il mio bottino, sotto tre alberi da me piantati.
C'era parecchio oro, più gioielli anche di gran valore, rapinati durante un'assalto alla corriera.
Avevo assassinato tutti i miei compari, per non dividere il bottino e feci credere agli altri banditi che eravamo caduti in una trappola: solo io mi ero salvato, fingendomi morto.
Trovai la donna giusta che si mise con me senza sposarmi, per nulla pettegola.
Non volevo avere a che fare con preti né fare promesse di fedeltà davanti a uno sciocco sindaco.
I figli che nacquero erano come me, bastardi, ma con la mia stessa tempra: nessuno ebbe il coraggio di trattarli male.
Erano dei veri mascalzoni e io ne ero fiero, ma fui costretto a pentirmi.
Il maggiore pensava solo a divertirsi e non lavorava.
Mi infuriai con lui e mi picchiò: -Padre! Devi mantenerci: ci hai dato la vita ed ora ci devi il pane!-
La mia esistenza divenne un inferno: mi chiusero nella stalla con le bestie, mi davano da mangiare gli avanzi della cucina, mi picchiavano continuamente, senza motivo.
La loro madre stava dalla loro parte: li spronava a proseguire nel maltrattamento.
Mi odiava perché avevo approfittato di lei in gioventù, quando ero ancora vigoroso.
La mia vecchiaia assomigliava alla mia giovinezza, ma finalmente la morte si decise a venirmi a trovare.
L'accolsi con gioia e mi seppellirono ai piedi dei tre alberi, accanto al mio tesoro che non trovarono mai.
Gli anni trascorsero e il tempo fece pulizia e giustizia delle vecchie generazioni, ma portando sempre altra gente, cattiva e buona come chi li aveva preceduto.
I miei figli si erano dispersi e non ebbero una progenie legale, solo bastardi: non rimase più nessuno a rammentare chi fossi stato e cosa avessi fatto.
La mia proprietà cambiò padroni sino a quando non arrivò una donna, decisa ad abbandonare la città per un vita più semplice.
Mutò, tagliò, innescò, fece potare, piantò alberi a me sconosciuti in fine si arrestò davanti ai miei alberi: erano
vecchi e malconci, decise di farli tagliare e di costruire sopra una casetta, facendo abbattere il mio casolare, ormai diventato un mucchio di ruderi.
Fu una scelta disgraziata: il cuore della mia abitazione ero io, con il mio oro maledetto.
In più quello stolto decise di organizzare sedute spiritiche: quella maledetta mi costrinse a uscire dall'inferno per tormentarmi sulla terra.
La pregai in sogno di lasciarmi in pace, ma fu vano, allora le feci trovare il mio bottino insanguinato e maledetto: fu la mia vendetta, perché con quel tesoro si sarebbe dannata.
Non mi ascoltò e si perse, mentre io divenni per colpa sua uno spirito senza dimora: vagavo nelle case, visibile solo al tramonto, non c'era più il mio oro a trattenermi presso la mia sepoltura.
La mia anima era stanca, ma attesi che quel mio sogno maledetto terminasse: tornai per sempre nell'Oltretomba.
Ora sono io a torturare gli spiriti dei miei persecutori qua, all'inferno.
Sono io a far rammentare a loro le loro colpe, a ficcare il dito nelle loro piaghe putride: dopo tutto ero sempre il Bastardo.