Trenta milioni di Italiani non leggono mai libri e tra di loro ci sono molti diplomati e laureati: il 18% dei laureati e il 30% dei diplomati non aprono mai un libro.
Si sente spesso, spudoratamente, chiedere, da chi vive "felice" nell'ignoranza, perché si perde tempo nella lettura.
Cosa servono i libri?
In un certo senso hanno ragione: non si diventa ricchi con la cultura, non serve come status symbol.
Se ci si esprime come zotici, basta apprendere una cadenza da signore e da signora: oggi chi bada agli strafalcioni, alle sciocchezze di ogni genere, dallo scientifico, allo storico, senza scordarsi nozioni letterarie e geografiche, inventate.
Si sa, basta apparire e se qualcuno corregge lo sbaglio da asino, basta sogghignare con sufficienza e il gioco è fatto.
I pochi che amano i libri invece cercano di migliorare la propria vita e quella degli altri: è proprio grazie all'ignoranza che i piccoli e grandi imbroglioni hanno successo.
I grandi dittatori e i piccoli tiranni basano il loro potere sulla menzogna, che trionfa perché il popolo è "ignorante": non sa e non capisce.
Peccato! I giovani fanno "fatica" a chinare la testa sui libri: i modelli vincenti sono altri.
La qualità della vita che dà la conoscenza non ha prezzo: molti intellettuale, uomini con intelletto vero, preferirono la semplicità di un'esistenza fatta di cose essenziali all'abbondanza dei ricchi.
Se la ricchezza arriva dall'ottusità non vale nulla: costa troppo ed è meglio rinunciarci.