La delicata questione dell'eutanasia, della gestione della vita e della morte, che in Olanda ha preso una svolta legislativa particolare, è entrata in modo prepotente nella nostra campagna elettorale.
Il laicismo dovrebbe rispettare, in teoria, tutte le opinioni, compreso le critiche, anche pesanti, rispondendo con intelligenza e buon senso.
Pretendo troppo?
Qui si scontrano due concezioni etiche: la prima è quella religiosa, che dà significato all'esistenza sino all'ultimo respiro e oltre, è tipica di tutte le religioni rivelate o naturali che siano.
L'altra opinione ritiene che tutto è causale: nulla ha un senso se non l'attimo sfuggente, da rubare, godere sino a quando conviene, da bere e gettare, come un vuoto a perdere.
La legge deve difendere sempre la vita, anche quando non è più"decorosa"?
Questa visione, come tutte le concezioni, è da discutere, da rispettare come l'altra, ma quando viene scritta come direttiva legislativa cosa può portare?
Qual è il limite della vita degna da essere vissuta? E' lecito porre fine
prematuramente alle malattie invalidanti?
Infondo i nazisti sostenevano che gli ammalati gravi, i malati mentali, eliminati come inferiori, venivano liberati dal loro dolore e dalle loro imperfezioni.
Si sa che certe idee a volte ritornano, come gli zombi di alcuni brutti film dell'orrore di anni fa: non vorrei che questa volta si celassero dietro ideali democratici o presunti tali.
Gli spettri del passato potrebbero avere volti sorridenti, tranquilli, da laici per bene?
Io mi auguro di sbagliarmi.