Il nostro Paese è investito da una grande crisi di fiducia: pure i soliti analisti prevedono un futuro grigio, di declino.
C’è la questione dell’invecchiamento della popolazione, della concorrenza dei paesi Asiatici, della perdita dell’identità nazionale.
L’Italia sembra una terra senza eredi, senza speranza.
E’ lecito chiedersi chi fu l’istigatore di una politica, di una cultura distruttiva, nefasta, contro le famiglie, contro la semplicità casereccia, che non erano tutto rose e fiori, ma davano certezza all'esistenza.
Esisteva un’Italia fatta da un popolo simpatico, umano, allegro, disponibile.
In parte esiste ancora questa dimensione popolare, ma il modello vincente, che ci hanno proposto per decenni, è un altro: l’uomo di successo deve rifiutare i lavori umili, essere di ceto medio, o apparire tale, e puntare in alto.
Le mamme cosa non farebbero per i loro figli? Quale padre non sogna il massimo per l’avvenire dei suoi marmocchi?
Poco alla volta l’ambizione, proposta dalla televisione, dalla pubblicità, dai romanzi popolareschi, ha spazzato un mondo genuino fatto di gente che parlava ancora in dialetto: erano persone un po’ rozze forse, ma certamente autentiche, schiette, oneste, leali.
Questi ”perdenti” non esistono più: gli ultimi forse si trovano tra gli anziani.
Oggi prevale un modello di giovane rampante, determinato e senza scrupoli.
Questi personaggi però vivono solo nelle fiction televisive: in realtà si vedono solo delle brutte copie, mal riuscite, di questi modelli ”ideali”.
Queste giovani promesse mantengono solo la cattiveria, spesso la spietatezza dei loro idoli mediatici, in realtà restano solo dei brutti anatroccoli, mai diventati cigni,…. né aquile.