La cosiddetta Guerra Santa da sempre si è coperta del "sacro manto" della religione, ma se si scruta e si analizza cosa sta alla base di questo furore, si scopre che l’origine è sempre terreno, miseramente umano.
Il divino non aveva nulla a che vedere nei conflitti tra imperatori assoluti e signorotti, tra sovrani in cerca di beni da sequestrare agli ordini religiosi, tra conquistatori feroci e sanguinari, tra fanatici moralisti.
Oggi su tutto c’è l’acre odore del petrolio, come lo zolfo di Satana del Medioevo: pare un discorso ovvio, ma in verità spesso lo si scorda.
Per muovere masse di disperati contro altri poveracci, per far bruciare chiese con poveri preti e fedeli innocenti chiusi dentro, la cui unica colpa è quella di essere seguaci di Gesù Cristo, occorre molta forza di persuasione: in pratica serve una rete di sobillatori sul territorio.
Sembra banale cercare di capire quanto costa tutto questo, ma certamente ha un prezzo e chi paga sicuramente spera di ottenere un tornaconto.
Chi sono questi arruffapopoli? Cosa si augurano di ricavare?
Certamente avranno subbugli, disordine nei progetti e negli investimenti dei concorrenti, con l’instaurazione di un nuovo ordine a loro più favorevole.
Si può ben notare, guardando le cartine geografiche, che il fanatismo religioso è più caldo nelle zone dove si estrae il petrolio o dove transitano gli oleodotti.
Non è sempre così, per fortuna, ma le coincidenze sono troppe: nel passato avvenivano fatti simili, lungo le grandi strade commerciali.
Ciò che stupisce è che l’uomo non abbia mai imparato a gestire le sue questioni con il dialogo, con la trattativa e preferisca sempre l’intrigo, le sommosse, le armi.
Almeno si chiami con il nome giusto gli avvenimenti: non abbiamo di fronte una nuova guerra di religione, ma solo delle scaramucce per il controllo delle riserve petrolifere.