27 ago 2012

Esodati, disoccupati, disperati, lavoro nero e nuovi schiavi




Il lavoro resta sempre una delle principali preoccupazioni degli italiani: quando lo si ha è "ingessato", senza la possibilità di cambiare.
Quando non lo si ha esiste solo la possibilità di trovare del lavoro nero o dei lavori precari.
La fatica di conservarlo è tanta quando si ha superato i quarant'anni o addirittura i cinquant'anni: in futuro riguarderà pure i sessantenni, con le prospettive delle riforme pensionistiche in atto o che probabilmente arriveranno.
I giovani lavorano, ma sono spesso precari, i meno giovani invece sono meglio pagati, con lavori sicuri, ma non possono muoversi, per non trovarsi tra i disperati senza prospettive.
Sono in pochi che si possono permettere, a tutte le età, di essere tranquillamente sul mercato del lavoro e spesso non è dovuto solo al loro merito, ma alla specializzazione scelta: gli infermieri professionali sono più ricercati dei professori di storia, i meccanici dei medici generici.
Abbiamo tanti laureati in lettere e pochi ingegneri, molti laureati in legge e pochi laureati in campi scientifici.
Ora è difficile accettare i cambiamenti che sono in corso nel mondo del lavoro e si rischia di essere espulsi o emarginati.
La cultura dominante degli imprenditori è quella di considerare i giovani come inesperti e i più anziani come inadeguati, senza veramente rispettare le professionalità, ma soprattutto le capacità vere.
Con questa mentalità, da "caporali", non si farà tanta strada, per quanto riguarda il futuro economico del Paese.