Il
lavoro resta sempre una delle principali preoccupazioni degli
italiani: quando lo si ha è "ingessato", senza la
possibilità di cambiare.
Quando
non lo si ha esiste solo la possibilità di trovare del lavoro nero o
dei lavori precari.
La
fatica di conservarlo è tanta quando si ha superato i quarant'anni o
addirittura i cinquant'anni: in futuro riguarderà pure i
sessantenni, con le prospettive delle riforme pensionistiche in atto
o che probabilmente arriveranno.
I
giovani lavorano, ma sono spesso precari, i meno giovani invece sono
meglio pagati, con lavori sicuri, ma non possono muoversi, per non
trovarsi tra i disperati senza prospettive.
Sono
in pochi che si possono permettere, a tutte le età, di essere
tranquillamente sul mercato del lavoro e spesso non è dovuto solo al
loro merito, ma alla specializzazione scelta: gli infermieri
professionali sono più ricercati dei professori di storia, i
meccanici dei medici generici.
Abbiamo
tanti laureati in lettere e pochi ingegneri, molti laureati in legge
e pochi laureati in campi scientifici.
Ora
è difficile accettare i cambiamenti che sono in corso nel mondo del
lavoro e si rischia di essere espulsi o emarginati.
La
cultura dominante degli imprenditori è quella di considerare i
giovani come inesperti e i più anziani come inadeguati, senza
veramente rispettare le professionalità, ma soprattutto le capacità
vere.
Con
questa mentalità, da "caporali", non si farà tanta
strada, per quanto riguarda il futuro economico del Paese.